Per chi lavora nel ramo delle assicurazioni, più in particolare in quello della tutela del danneggiato, c’è un momento speciale, nel corso dell’anno, che coincide grosso modo con le vacanze estive. In genere, infatti, mentre l’Italia parte per le ferie agostane, il legislatore porta avanti le famose “riforme” dell’RC Auto che dovrebbero, immancabilmente, ridurre i costi dei premi e incrementare la fiducia dei consumatori. Poi, a fine anno, mentre gli italiani stappano lo spumante e affettano il panettone, le compagnie si dedicano ai bilanci e si accorgono di quanto sia stato propizio, o si accinga ad esserlo, l’intervento estivo del Parlamento in loro favore.

Provando a fare un bilancio sulla stessa falsariga emergono un po’ di dati interessanti. Innanzitutto che anche nel 2017 (come accade sistematicamente da almeno tre lustri), le corporation del business assicurativo hanno fatto il pieno di regali. Quelli più succulenti sono contenuti nella cosiddetta Legge Concorrenza entrata in vigore il 29 agosto scorso. Due su tutti: uno riguarda le micro-permanenti, e cioè i danni di piccola entità; l’altro, invece, le macro-permanenti e cioè le lesioni di importo superiore al 9 per cento. Per capirci qualcosa, va ricordato che cinque anni fa, con l’ennesima contestatissima “riforma” del settore (la legge 27/2012) Roma ha sfornato due norme (e precisamente il comma tre ter e tre quater dell’articolo 32 della legge di cui sopra) con le quali, in buona sostanza, si è tentato di limitare al minimo il risarcimento del “colpo di frusta” (distrazione del rachide cervicale) consentendolo solo in presenza di esami strumentali come le radiografie che ne certificassero l’esistenza.

La legge non era solo scandalosa (e addirittura, secondo molti osservatori, incostituzionale). Pretendeva anche che i medici legali, in barba alla loro scienza e coscienza e a una ultra-secolare tradizione di studi, smettessero di fare il proprio lavoro. Per fortuna, la riforma era stata scritta con i piedi. Ciò ha consentito alla dottrina più illuminata (parliamo del notissimo consigliere di Cassazione Marco Rossetti) di affermare che le suddette “innovative” regole non avevano, in realtà (e a dispetto delle intenzioni di chi le aveva promosse e approvate), innovato alcunché e dovevano considerarsi produttive di un effetto non giuridico, ma solo psicologico, anzi “declamatorio-esortativo”. Insomma, grazie al lavoro della dottrina e della giurisprudenza, il risarcimento del colpo di frusta stava tornando a essere una faccenda di medicina-legale e di giustizia anziché di risparmio contabile e di salvaguardia delle casse delle compagnie.

Ma tornando all’oggi, con la legge Concorrenza è stato modificato l’articolo 139 del codice delle assicurazioni (quello sulle micro-permanenti, appunto) ed è stato scritto, nero su bianco, che solo le cicatrici potranno essere liquidate senza il ricorso ad esami strumentali. Quindi, i colpi di frusta tornano a essere “negati” con un tratto di penna facendo rientrare dalla porta un benefit pro-assicurazioni che era appena uscito dalla finestra. Quanto, invece, ai macro danni, in Italia essi sono risarciti con l’ausilio di “tabelle” elaborate dal Tribunale di Milano e valide su tutto il territorio nazionale. Si tratta di matrici di calcolo le quali consentono di tradurre in vil moneta qualsiasi lesione permanente. Ebbene, queste tabelle consentono un aumento personalizzato del valore ottenuto per ogni tipo di invalidità in ragione dell’impatto che la lesione stessa ha avuto sulla vita della vittima (si chiama danno di natura “esistenziale”). Questo aumento può arrivare anche al 45% della somma prevista per la liquidazione delle lesioni fisiche. È una forma di equa riparazione delle conseguenze catastrofali subite da chi si è visto distruggere la vita da una disgrazia.

Forse proprio perché “equa”, il Parlamento ha deciso di ridurne la portata. Infatti, proprio con la legge Concorrenza (licenziata mentre gli italiani erano in vacanza) quella percentuale è stata limitata a una soglia massima, e non oltrepassabile, del 30%. Si tratta di fiumi di denaro che non usciranno più dalle casse delle compagnie e non finiranno più in quelle delle persone rovinate da un incidente stradale. Un regalo gigantesco per i padroni del vapore elargito dai rappresentanti di quegli stessi cittadini che, alla fine, ci rimettono. Ma in Italia va così da almeno vent’anni: le assicurazioni scartano i doni con sei mesi di anticipo. Di solito, sotto l’ombrellone.

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