Secondo alcuni, lo è diventata. Ma in origine non era lei il simbolo delle proteste in Iran. Non è quella ragazza in piedi su una centralina elettrica di Enghlab Avenue (via della Rivoluzione) a Teheran, a capo scoperto e intenta a sventolare il suo velo bianco, l’emblema delle manifestazioni e degli scontri iniziati il 28 dicembre nel nord-est del Paese e allargatisi poi a molte altre città dell’Iran. Non può esserlo perché quell’immagine è datata 27 dicembre, un giorno prima dell’escalation di proteste che ha coinvolto il Paese. Lo dice la stessa Masih Alinejad, attivista per i diritti delle donne che prima di tutti ha pubblicato in rete il video del quale è stato ripreso un unico frame: “Mercoledì (27 dicembre, ndr), Enghlab Avenue. Questa ragazza coraggiosa che ha appeso il suo velo a un bastone e lo ha sventolato in aria in segno di protesta contro l’obbligo dell’hijab. Questa ragazza è stata arrestata dalle forze dell’ordine dopo la sua dimostrazione”.
Molti media, soprattutto europei e americani, avevano già deciso che quella giovane donna sarebbe stata il simbolo perfetto di una popolazione che chiede maggiori libertà al regime degli ayatollah. Ma quel gesto di ribellione non ha niente a che fare con le manifestazioni di piazza, mosse prevalentemente da motivazioni economiche come disoccupazione e carovita: va inserito nel contesto di un movimento di protesta, My Stealthy Freedom, che dal maggio 2014 si batte contro l’obbligo per le donne iraniane di coprire il capo in pubblico.
My Stealthy Freedom e i #whitewednesdays, una protesta nata nel 2014 – La data dell’immagine, 27 dicembre 2017, rappresenta il primo indizio che il video da cui è stato preso il fermo immagine è antecedente alle proteste di piazza scoppiate il 28 dicembre nel nord-est del Paese. Solo il giorno successivo hanno avuto un eco internazionale, quando hanno raggiunto la città sacra di Mashhad, Kermanshah e, il 30 dicembre, Tehran. Inoltre, se si guarda il video della giovane, si noterà che le persone intorno a lei si muovono in totale tranquillità, in un clima ben diverso da quello mostrato da telegiornali che si sono occupati delle proteste e social network. In sottofondo si sentono solo i rumori di clacson, nessun coro o rumore che faccia pensare a una manifestazione in corso.
Un ulteriore indizio è rappresentata poi dal logo con il quale il fermo immagine è stato pubblicato da Alinejad: quello che caratterizza ogni immagine a supporto della campagna #whitewednesdays (mercoledì bianchi) lanciata da My Stealthy Freedom. Questo movimento è nato sul web il 3 maggio 2014 dalla volontà proprio della giornalista e attivista Masih Alinejad. Lo scopo è quello di manifestare contro le imposizioni del regime degli ayatollah in tema di dress code femminile. Il simbolo del movimento è una donna con i capelli al vento mentre sventola il proprio velo. Il movimento, a partire dall’estate 2017, ha poi lanciato sui social network un’altra campagna di sensibilizzazione, i #whitewednesdays. Da quel momento, migliaia di donne hanno pubblicato sui propri profili personali o inviato al movimento fotografie o video che le ritraggono mentre, di mercoledì, indossano indumenti o accessori di colore bianco o sono, appunto, senza velo in testa.
Proteste nate da disoccupazione e carovita, le libertà femminili non sono un tema caro ai conservatori – Prima di sfociare in proteste di stampo politico, le manifestazioni nate nel nord-est dell’Iran sono soprattutto legate alla situazione economica in cui versa il Paese. La crescita e il miglioramento delle condizioni di vita promesse e auspicate dopo la firma dell’accordo sul nucleare con i Paesi del 5+1 non sono arrivate. La maggiore apertura al mercato internazionale non è coincisa con un miglioramento dei dati relativi a occupazione e costo della vita: i prezzi sono aumentati, il governo ha annunciato nuovi tagli al welfare, mentre la percentuale relativa alla disoccupazione nel Paese è tornata a crescere proprio nel biennio 2016-2017.
Assieme alle grida “morte al dittatore, morte a Rohani”, in piazza si sono sentiti anche e soprattutto gli slogan che chiedevano maggiore attenzione ai bisogni della popolazione iraniana e una più decisa lotta alla corruzione: “Lasciate la Siria, pensate a noi”, hanno cantato i manifestanti. I membri dell’esecutivo hanno subito attribuito all’opposizione conservatrice la paternità delle proteste, volte, dicono, a destabilizzare il governo moderato-progressista di Rohani.
Lo ha ripetuto nelle ultime ore anche il comandante dei Guardiani della Rivoluzione, il generale Mohammad Ali Jafari, dichiarando sedate le proteste: “La rivolta in Iran è stata sconfitta. Tutto è avvenuto dopo un appello di un sito affiliato a una persona che oggi parla contro il sistema islamico”, ha annunciato il militare riferendosi, senza nominarlo, all’ex Presidente, Mahmud Ahmadinejad, accusato da diversi membri del governo di essere la vera mente dietro alle proteste degli ultimi giorni.
Parole simili a quelle pronunciate giorni fa dal vicepresidente, Eshaq Jahangiri, che aveva già puntato il dito contro l’ala conservatrice da subito a sostegno dei manifestanti. Un’ulteriore prova del fatto che la giovane ragazza con il velo al vento non può essere il simbolo di questa protesta: i conservatori iraniani non hanno certo nella propria agenda una svolta progressista in tema di abbigliamento femminile.