Cultura

‘Il vento e i giorni’, il nostro mare ha di nuovo dei cantori

Sentivo davvero la mancanza di un racconto Adriatico, lieve e screziato come le sue acque. Il nostro mare è ormai orfano di cantori, e così Il vento e i giorni del riminese Fabio Fiori edito per i tipi di Pequod è davvero un refolo di maestrale nell’acqua stagnante. Se le Storie di Adriatico dell’indimenticato Sergio Anselmi indagavano in un passato non recente, quella di Fiori si ambienta ai giorni nostri e riesce a restituire un’atmosfera che sfugge anche a chi sul mare abita (e purtroppo non vive).

Chi di voi si è mai chiesto cosa accade dentro le mura dei nostri porti: Bari, Brindisi, Ravenna. Quale vita brulica, quale melting pot ogni giorno e notte abiti le banchine, una umanità in transito che non può non mescolarsi. Che non si fa vedere. Chi conosce il lavoro dei portuali o dei marittimi, o dei piloti del porto? Chi conosce l’odore di salso misto a gasolio, l’aria che per l’interminabile coda di camion si impregna di smog, i camionisti piegati sul volante con una birra appoggiata sul predellino. Questo mondo ci è estraneo è un universo affascinante nel quale ci si può perdere.

Fiori descrive il porto di Ancona, l’approdo della Superfast, ma potrebbe essere anche altrove. Il protagonista del romanzo, Cosimo, è un pilota del porto (coloro che portano le navi all’ormeggio o le fanno lasciare la banchina) egli vive come sospeso, anzi si lascia vivere tra un viaggio e l’altro, tra una nuotata – lì dove si è appena richiusa la scia di una nave – e una veleggiata sino all’altra sponda del mare.

Cosimo coltiva la vicinanza, la familiarità (per dirla con Predrag Matvejevic) delle rive adriatiche, le conosce, ci naviga, sa cosa accade al di là del mare, sa distinguere i sapori, gli odori delle erbe e dei venti, sia che si trovi in Dalmazia o in Grecia, non fa differenza. Come l’epoca che abbiamo appena vissuto con la guerra nella ex Jugoslavia, la vita di Cosimo è sospesa, non sa decidere tra due donne, una rossa avvenente che attende un figlio (forse da lui) e una bella bosniaca che è capitata a casa sua per caso, un compagno dell’Istituto nautico gliel’ha affidata per una settimana e poi non si è più fatto rivedere.

Cosimo è figlio del tempo adriatico, così attraversa il mare ancora una volta, come tante volte l’ha fatto lo stesso autore del libro, che del viaggio adriatico (ricorderete i suoi Anemos. I venti del Mediterraneo, Thalassa, le acque del Mediterraneo, Vela libre, idee e storie per veleggiare in libertà) ha fatto una inesauribile fonte di ispirazione. Nella sua narrazione tante sono le citazioni (Fabio Fiori è un appassionato lettore e ricercatore di storie di mare) Biamonti, Jean Claude Izzo, Konstantinos Kavafis, Predrag Matvejeic, Cesare Padovano, Nicolas Bouvier, Giacomo Scotti e tanti altri.

Ma le idee e le parole di questi autori sono sono spuma sulle onde narrative, sono lievi e screziate, come si diceva all’inizio, accarezzano questo romanzo breve che ha l’ulteriore merito di raccontare Ancona, la sua identità marinara, anzi adriatica. Difficile trovarlo in libreria, ma Amazon (per certi versi) ci salva la vita.