I ricercatori continuano senza tregua la lotta contro Alzheimer e Parkinson e l’Italia è al top in Ue. E quest’anno dovrebbero partire i primi test per un vaccino per la prima malattia. Ma c’è chi invece si è arreso. Dopo l’addio di Merck, anche Pfizer ha annunciato l’abbandono della ricerca di medicinali. Gli investimenti profusi non sono stati sufficienti per entrambe le patologie a ottenere risultati degni di nota. Per questo la società farmaceutica americana ha deciso di deviare altrove, su altri campi di ricerca, le proprie risorse.
Gli sforzi di trovare un ‘antidoto’ alla demenza che colpisce decine di milioni di persone nel mondo sono stati costosi ma futili, ha spiegato la società, che ha quindi deciso di abbandonare la strada intrapresa.
La decisione di Pfizer costerà nei prossimi mesi 300 posti di lavoro nei centri di Cambridge e Andover in Massachusetts e a Groton, in Connecticut. La casa farmaceutica ha comunque assicurato che continuerà ad investire nello sviluppo di medicine anti-dolore e contro le malattie neurologiche. Nell’ultimo decennio, i farmaci sperimentali contro l’Alzheimer hanno ripetutamente fallito nel rallentare la malattia che distrugge la memoria. Alla fine dello scorso anno, un farmaco anticorpo infuso nei corpi dei pazienti, prodotto da Eli Lilly, non ha avuto un effetto significativo sulla malattia. In precedenza, nel 2012, anche un farmaco messo a punto dalla stessa Pfizer, in joint venture con Johnson &Johnson ed Elan Pharmaceuticals, simile al farmaco Lilly, aveva fallito il suo scopo.
La speranza è ora appesa a due studi su una pillola simile studiata da Eli Lilly e da AstraZeneca, i cui risultati dovrebbero essere resi noti ad agosto. Gli studi di un altro farmaco di Eisai e Biogen seguiranno l’anno successivo, mentre gli esiti della ricerca su un farmaco sperimentale di Johnson& ohnson e Shionogi sono previsti nel 2023. Si tratta in tutti i casi di farmaci che bloccano l’enzima di conversione beta-amiloide. La ricerca indica infatti che la malattia è strettamente associata a placche amiloidi e ammassi neurofibrillari riscontrati nel cervello, ma non è nota la causa prima di tale degenerazione. Attualmente i trattamenti terapeutici utilizzati offrono piccoli benefici sintomatici e possono parzialmente rallentare il decorso della patologia; anche se sono stati condotti centinaia di studi clinici per l’identificazione di un possibile trattamento per l’Alzheimer, non sono ancora stati identificati trattamenti che ne arrestino o invertano il decorso. Non prima del 2019 dovrebbe essere pronto anche lo studio di Biogen stavolta su un farmaco anticorpo.