L’ex sindaco Piero Fassino è indagato dalla procura di Torino nell’inchiesta sul Salone del Libro. Si tratta della stessa indagine in cui è indagata l’assessore regionale alla Cultura, Antonella Parigi. Il filone dell’inchiesta in cui è coinvolta l’esponente della giunta di Sergio Chiamparino è quello relativo all’affidamento dell’organizzazione dell’edizione 2015 del Salone e la preparazione del bando di gara del 2016. Fassino e Parigi sono accusati di turbativa d’asta.
“Nel pomeriggio di oggi ho ricevuto dalla Procura della Repubblica di Torino un avviso di garanzia con riferimento alle indagini sul salone internazionale del libro di Torino. Sono assolutamente sereno, avendo sempre operato nell’interesse della città di Torino”, ha Fassino, confermando di essere tra le persone indagate dai pm piemontesi. Era stata invece l’assessore Parigi ad annunciare di aver ricevuto un avviso di garanzia, esprimendo “la propria fiducia nell’operato della magistratura, a cui offrirà la massima collaborazione”. Il fascicolo aperto dalla procura ipotizza anche i reati di turbativa d’asta, falso ideologico e falso in bilancio.
Nel luglio del 2016, l’inchiesta – dalla quale sono poi nati diversi filoni d’indagine – aveva portato all’arresto di quattro persone. Si trattava di Regis Faure, direttore generale di Lingotto Fiere, Roberto Fantino, direttore marketing di Gl Events, e Valentino Macri, segretario della Fondazione per il Libro. Ai domiciliari era finito Antonio Bruzzone, dirigente di Bologna Eventi. Tra gli indagati, c’era anche l’ex assessore alla Cultura della giunta Fassino, Maurizio Braccialarghe, deceduto sei giorni fa. L’indagine, coordinata dal sostituto procuratore Gianfranco Colace, è incentrata sul modo in cui la multinazionale francese Gl Events, che gestisce Lingotto Fiere, aveva ottenuto lo scorso anno la possibilità di organizzare tra il 2016 e il 2018 il Salone, uno dei principali eventi dell’editoria italiana, con un bando i cui requisiti erano molto simili a quelli offerti dalla società francese.
Nel corso dell’inchiesta era emerso che un funzionario della Fondazione del Libro, componente della Commissione giudicatrice, veicolava informazioni coperte da segreto (quali la presentazione di manifestazioni di interesse, l’identità degli interessati, la presentazione delle offerte) a un dirigente di Lingotto Fiere, così da consentire alla multinazionale francese di modulare la propria partecipazione alle varie fasi della procedura di gara a seconda delle informazioni ricevute e di contattare uno degli altri partecipanti per concordare la sua uscita di scena. L’indagine era partita dall’ipotesi di peculato nei confronti di Rolando Picchioni, ex presidente della Fondazione per il libro, un ente che in questi giorni è tornato al centro della polemica per la volontà dell’Associazione italiana editori di lanciare una nuova fiera dell’editoria a Milano.