“Bombe italiane, morti yemenite” è il titolo di un video reportage del New York Times che riguarda la vendita di armi prodotte in Sardegna nello stabilimento di Domusonavas nel sud dell’isola. L’azienda che le produce è la RWM  la cui sede legale è a Ghedi (Brescia) dove, tra l’altro, si trovano 20 bombe atomiche statunitensi B61 che a breve verranno sostituite dalle ancora più distruttive B61-12. Il video non è adatto a tutti. Mostra quali siano gli effetti dello sgancio delle bombe made in Italy sulla popolazione, il reportage è molto crudo, si vedono anche corpi di bambini dilaniati. Del resto la guerra, quella vera e non edulcorata, è disumanità.

L’interessante reportage che dura poco più di 7 minuti mostra il tragitto che effettuano le armi per arrivare dalla Sardegna in Arabia Saudita e di come esse siano adoperate dai sauditi contro la popolazione civile dello Yemen. E’ un lavoro giornalisticamente pregevole, tuttavia sarebbe auspicabile che il New York Times soffermasse l’attenzione anche sulle bombe Usa, dato che solo nel 2016 gli Usa ne hanno sganciate 26.171 (tre ogni ora per 365 giorni all’anno) su sette Paesi sovrani.

Da quasi tre anni nello Yemen si combatte una guerra tra la minoranza sciita Houthi e il governo (Hadi) che rappresenta l’ala sunnita, quindi vicino all’Arabia Saudita. Come ho avuto già modo di ricordare su questo blog, i bambini e i civili nello Yemen non muoiono direttamente solo a causa delle bombe made in Italy, Save The Children ha calcolato che ogni dieci minuti nello Yemen muore un bambino per fame e malattie causate dal blocco continuativo della coalizione saudita che interessa i porti di ingresso nel nord del Paese. Sono 50.000 i bambini malnutriti che rischiano di perire quest’anno. Complessivamente sono 6 milioni i civili in grave pericolo a causa della mancanza di generi alimentari.

La vendita di armi all’Arabia Saudita, Paese dove prevale il wahabismo che è la dottrina più radicale dell’Islam, viola la legge n. 185 del 9 luglio del 1990 che espressamente vieta di esportare armamenti a Paesi in stato di conflitto. Inoltre, sarebbe auspicabile che l’Italia, finalmente, adotti una linea di non ingerenza negli affari interni. Questo punto è fondamentale perché quell’area è destinata a ospitare nuovi virulenti conflitti e i recenti disordini in Iran sospettati di essere sponsorizzati (proprio come accadde con Nicolas Maduro in Venezuela) dagli Usa mirano a destabilizzare l’area. Tutti i Paesi non allineati ai diktat di Washington sono destinati a perire.

L’Italia deve trovare la forza di essere un Paese sovrano e neutrale. Invece di spendere cifre spaziali per acquistare gli F-35 (difettosi) imposti dalla Lockheed Martin, si usassero tali capitali per seminare una cultura della Pace e della non violenza oltre che per la Sanità e l’istruzione. Il nostro Paese potrebbe essere un laboratorio di una nuova società che ci possa, col tempo, finalmente liberare dalla terribile spirale della violenza che genera nuova violenza.

Papa Francesco ha affermato che: “Il mondo non ha bisogno di mercanti di morte che si arricchiscono con le guerre» ma l’intreccio perverso tra l’attuale classe politica e industria degli armamenti rende anche il suo appello del tutto inascoltato. Un intreccio che se non verrà reciso continuerà a tenere il mondo in costante stato di guerra permanente dove nessuno è al sicuro e dove non ci sarà mai Giustizia.

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