Diritti

Carmen, c’è una ragione se muore nel finale. Bizet ci capiva un po’ più di Nardella

SIVIGLIA, 8 MAG – Una relazione finita ha causato l’omicidio di Carmen, accoltellata ieri sera in una piazza di Siviglia di fronte all’arena dall’ex, un sergente dell’esercito. La ragazza è stata colpita con vari fendenti nella parte alta del corpo, uno dei quali (alla gola) si è rivelato mortale. Il giovane si è poi costituito spiegando ai gendarmi che all’origine del delitto c’è la decisione della ragazza di lasciarlo. 

C’avevano già provato a far cambiare idea a Bizet. George, scusa, ma questo finale?, gli chiese il direttore del teatro, Camille Du Locle. Non proprio un passante: era stato il librettista di Giuseppe Verdi per il Don Carlos, era uno dei più importanti registi d’Europa. O Francesiello, lo chiamavano a Capri dove morì. George, ascoltami, non è che poi succede un casino? Questa è l’Opéra-Comique, ci vengono le famiglie. Tu racconti di una profumiera che zampetta di fiore in fiore, e vabbè ci siamo anche abituati, ma poi la fai ammazzare a coltellate. E poi una zingara, dai, una zingara: capisci che non è cosa? Che finiamo tutt’e due a vendere cartoline?

La sceneggiatura del dialogo non è questa, il soggetto sì. E il finale è che Bizet non sentì ragioni. Ebbe torto, lì per lì. Il teatro fece fatica a riempirsi. Sul palco per giunta fumavano per davvero e la faccenda finiva con un accoltellamento da vicolo di periferia: il pubblico accompagnò gli ultimi atti con un silenzio da Père-Lachaise. Insomma: l’opera passò di bocca in bocca come scandalosaimmorale, scioccante, eccetera e mandò in crisi il teatro del Francesiello e soprattutto il cuore già malandato del povero George che, già fragilino di carattere e sofferente di nervi, non sopportò gli insulti. Gli venne uno di quei colpi al cuore che lo tormentavano da anni, ma questa volta fu quello definitivo: non ha mai scoperto che la sua sarebbe diventata una delle opere più rappresentate al mondo.

Bizet non sentì ragioni, fino a morirci (ma sì, un po’ di toni melodrammatici), perché la Carmen la voleva proprio così. Scandalosa, immorale, scioccante, eccetera. Proprio com’era la realtà fuori dai teatri, giù dal palco. Immorale come una donna ammazzata perché non ne vuole più sapere di un amore, per giunta di un amore forse mai nato. Era così 150 anni fa – quando la prima Carmen faceva sventolare la sua gonna – ma faceva brutto dirlo. Ed è così anche ora, fuori dal Maggio Fiorentino, mentre un regista tenta un cambio “rivoluzionario” che rivoluzionario è stato poco (lo dice Alberto Mattioli, bussola nazionale del settore) e la politica ci mette sopra il cappello, anzi la fascia tricolore di Palazzo Vecchio, capendo forse anche pochino del lavoro di Bizet. Carmen muore perché doveva fare esattamente quello che fece: scandalo. Voleva spogliare il bel pensiero borghesotto per cui di certe cose si parla solo in privato oppure si affrontano con le favolette del lieto fine.

La filologia è questione per tecnici né è un problema di lesa maestà. Ma non serve troppo sforzo per capire che il “messaggio culturale, sociale ed etico” è già dentro la Carmen, è già dentro il suo finale. Non serve la matita rossa del 2017, perché quel finale non è sbagliato, come se Bizet l’avesse fatta morire per goduria dello spettacolo.

E’ sufficiente il solo ultimo atto, quello della morte di Carmen, appunto. Ci si arriva dopo che lei – sexy, indipendente, autonoma, energica, volitiva – ha fatto innamorare lui, Don Josè, un sergente, cresciuto con le regole della famiglia, che sta con la fidanzatina del suo paese natale. Lo fa impazzire infatti col vedo e non vedo della gonna svolazzante, ma anche con la sua libertà sfrontata, che la porta a non rendere conto a convenzioni, regole e soprattutto a chi le sta intorno. “L’amore è figlio di zingari, non ha mai conosciuto legge – canta – Se tu non m’ami, io t’amo; se io t’amo, attento a te!”.

E infatti quello che fa innamorare Don Josè – la libertà di lei – è anche quello che lo manda ai matti, fino a trasformarlo da gentile corteggiatore a bestia violenta appena lei fa fluttuare la gonna a beneficio di un torero. E così Don Josè le giura a Carmen. Occhio, la avvertono le amiche, stai attenta. Non vi preoccupate, risponde lei, ci penso io, sono forte. Josè chiede un ultimo appuntamento e lei glielo concede. Lui la supplica, straziato: torna con me, ti prego. Io non ti amo più, risponde lei, anzi guarda lo vedi questo anello che mi regalasti? Te lo tiro in faccia. A lui si annebbia la vista, lei vorrebbe scappare, lui le sbarra la strada, la spinge, la picchia, la picchia, la picchia, la accoltella e poi va a cercare i gendarmi per costituirsi.

E’ un finale sbagliato perché è sbagliata la storia che racconta, che è di ieri ma anche di oggi. Per questo farebbero comodo un po’ meno tweet faciloni e un po’ più di decisioni perché la cronaca di oggi non sia più quella di 150 anni fa.