Gli articoli che annunciano il tremendo impatto della tecnologia sul mercato del lavoro sono ormai numerosi. Da Davos 2017 (WEF Global Risks 2017) in poi, profetizzare la sostituzione della forza lavoro con le macchine intelligenti è diventato un must. L’Economist ha concluso il 2017 ponendosi la seguente domanda: “How soon will computers replace The Economist’s writers?” (Entro quanto tempo i computer sostituiranno i giornalisti dell’Economist?). Per rispondere alla domanda il giornale inglese ha creato un programma di intelligenza artificiale con lo scopo di fargli scrivere un articolo della sezione “Scienza e Tecnologia”. Il risultato è stato interessante: la macchina è riuscita a individuare argomenti validi e a imitare lo stile del giornale, senza dare però alle frasi un senso compiuto, pur essendo grammaticalmente corrette. I giornalisti dell’Economist hanno di che preoccuparsi, insomma, e a conferma di ciò il giornale snocciola i dati di un’altra ricerca, la quale prevede che entro la metà del 2020 i computer scriveranno saggi scientifici ed entro il 2040 produrranno dei bestseller. L’Economist non ha dubbi in proposito e avverte gli scrittori di tutto il mondo: “The machines are coming” (Le macchine stanno arrivando).
C’è qualcosa di minaccioso e, allo stesso tempo, di inesorabile nell’avvertimento dell’Economist. Qualcosa a cui ci si deve lentamente rassegnare. Il progresso della tecnologia è rappresentato come una marcia inarrestabile, quasi di origine extra-terrena e, tutto sommato, positiva per l’umanità, nonostante la disoccupazione di massa e i disastri sociali che promette. L’assunto di fondo è che la scienza e la tecnologia siano al servizio dell’umanità, di tutti noi, ragione per cui dovremmo accettare ogni conseguenza sociale ed etica. Ma è davvero così?
La domanda, va detto, non è nuova. Il dibattito sull’impatto sociale della tecnologia è sempre stato assai vivace nella letteratura scientifica. Di rado, però, in esso si pongono domande sui (macro)fattori che determinano il contenuto e l’orientamento della scienza in un dato momento storico, essendo essa considerata soprattutto il risultato del genio individuale, del caso fortuito o perfino della divina provvidenza. Si trascurano (o si nascondono) le “origini terrene” della scienza e le sue strettissime connessioni con il sistema economico e i modi di produzione. Evidenziare questi legami suscita scandalo, proprio come la relazione di Boris Hessen al Congresso Internazionale di Storia della Scienza e della Tecnologia, tenutosi a Londra nel 1931. La relazione, dal titolo “Le radici sociali ed economiche della meccanica di Newton”, sconvolse il mondo della scienza occidentale e si pose alla base di quello che è ora definito “approccio esternalista” alla scienza, in contrapposizione a quello “internalista”, che vede alla base del progresso scientifico il genio solitario distaccato dagli interessi mondani.
Scopo specifico della relazione del fisico russo era la dimostrazione del fatto che i Principia di Newton fosse il prodotto storico di un processo scientifico indotto da quello tecnologico, spiegabile a sua volta in termini economici. Per dirla in breve: l’economia pone problemi tecnologici di un certo tipo, per risolvere i quali la scienza si pone specifiche domande, producendo di conseguenza certi contenuti e orientamenti della scienza.
L’epoca in cui operò Newton corrispondeva al periodo della guerra civile inglese e del Commonwealth e, sotto il profilo economico, allo sviluppo del capitale mercantile. I tre settori più importanti dell’economia – 1) le vie e i mezzi di comunicazione (per lo più marittimi); 2) l’industria mineraria e metallurgica; 3) il settore militare – ponevano specifici problemi tecnici, la risoluzione dei quali poneva quesiti fisici nel campo dell’idrostatica, idrodinamica, aerostatica, meccanica dei punti materiali, meccanica dei corpi celesti, ecc. Hessen riuscì a dimostrare, in modo dettagliato, come ogni problema fisico trattato da Newton, per quanto esposti in modo assai astratto nei Principia, derivasse direttamente dalle domande tecnologiche dell’epoca, tutte determinate dall’economia mercantile in ascesa. Hessen, tuttavia, non creò un legame meccanico e deterministico tra scienza ed economia (fatto, questo, che lo rese poco gradito al regime di Stalin), al contrario, egli considerava elementi importanti anche quelli di tipo culturale, politico e religioso nella spiegazione complessiva di una determinata produzione scientifica.
Il pensiero di Boris Hessen ha molto influenzato anche il pensiero sociologico, a partire da R.K. Merton, il quale, nel suo “Scienza, tecnologia e società nell’Inghilterra del XVII secolo” (“Osiris”, 1938), riconosce esplicitamente il suo debito intellettuale nei confronti del fisico sovietico. Tuttavia, egli è pressoché sconosciuto non soltanto tra i sociologi e i filosofi contemporanei, ma anche tra gli scienziati. È una lacuna grave, specie se si pensa alle risposte importanti che Hessen potrebbe contribuire a dare alle questioni poste oggi dallo sviluppo della tecnologia e dell’intelligenza artificiale. Ci potrebbe aiutare a comprendere, per esempio, come mai la relazione tra lavoratori e computer si debba porre sempre in termini competitivi, ovvero di annientamento reciproco.
La lacuna si può ora colmare con facilità, perché la relazione tenuta dal fisico russo a Londra nel 1931 è stata di recente pubblicata, con una nuova traduzione (di Giulia Rispoli), in una nuova edizione critica rivisitata, a cura di Gerardo Ienna, dalla casa editrice Castelvecchi (2017). Il libro, dal titolo “Le radici sociali ed economiche della meccanica di Newton”, presenta, in veste agile e autonoma, il testo della relazione, accompagnato da un ricco e brillante saggio introduttivo (di Ienna e Rispoli), capace di ricostruire le radici epistemologiche dell’approccio scientifico nonché il contesto storico e politico in cui visse, operò e morì Hessen (nel 1936 a causa delle purghe staliniane). La postfazione di Pietro Daniel Omodeo completa il quadro storico e approfondisce il dibattito sugli attuali approcci alla scienza e alla tecnologia.