Gli oltre 70 consiglieri hanno preso la decisione quasi all'unanimità. Il 12 gennaio il Consiglio di presidenza dovrà "ratificare" il parere adottando la delibera di destituzione, che dovrà poi essere ratificata dal presidente della Repubblica. Bellomo è sotto procedimento disciplinare per la vicenda legata al decalogo per le borsiste della sua scuola per aspiranti magistrati e per le accuse di pressioni e molestie su allieve
L’adunanza generale del Consiglio di Stato ha dato parere favorevole alla destituzione del consigliere Francesco Bellomo, accusato di aver obbligato le allieve della sua scuola per futuri magistrati a presentarsi ai corsi in minigonna e a rispettare un “decalogo” anche attinente la sfera privata. Gli oltre 70 consiglieri hanno preso la decisione quasi all’unanimità. All’esito della seduta, presieduta dal presidente aggiunto Filippo Patroni Griffi, è stato votato il parere “conforme” alla decisione del Cpga, il Consiglio di presidenza della Giustizia amministrativa, che lo scorso 27 ottobre aveva proposto la destituzione di Bellomo. La decisione presa dall’organo di autogoverno della magistratura amministrativa ha pochi precedenti nella storia giudiziaria italiana.
Dopo il via libera al parere, si attende per giovedì 11 gennaio il “deposito” delle motivazioni. Il giorno successivo, è già fissata la prima seduta del Consiglio di presidenza che dovrà “ratificare” il parere adottando la delibera di destituzione. Da quel momento Bellomo sarà destituito, anche se per avere l’effettiva uscita dai ruoli della magistratura amministrativa bisognerà attendere il decreto del presidente della Repubblica, che renderà esecutivo il provvedimento.
La vicenda del “decalogo” imposto dal consigliere di Stato alle studentesse con borsa di studio della scuola “Diritto e Scienza” è diventata pubblica dopo che un’allieva di origini piacentine ha raccontato al padre le strane richieste di Bellomo, che secondo la denuncia del genitore obbligava alcune sue allieve della Scuola di formazione per magistrati a presentarsi ai corsi in minigonna, tacchi a spillo e con trucco marcato, pretendendo che non fossero sposate. Il tutto in una sorta di clausola inserita nel contratto di accesso alla scuola.