Si potrebbe chiamare la corsa senza limiti, come quel vecchio cartone animato con Penelope Pitstop, il Diabolico Coupé e il cane Muttley che rideva delle disgrazie del suo malefico padrone. Il presidente Sergio Mattarella s’era raccomandato il 31 dicembre, prima che tutti affondassero i loro cucchiai tra le lenticchie: “Proposte adeguate, realistiche, concrete”, in linea con la dimensione dei problemi del Paese. E loro, i partiti, hanno capito al volo. Lo sparo dello start è stato solo il primo di una lunga serie di botti. Via la riforma Fornero, via il Jobs Act, via gli studi di settore contro l’evasione, via le tasse universitarie, via il canone Rai, via i vaccini obbligatori, via la Buona Scuola, via la povertà (tutta), via il bollo auto, via l’Iva sui pannolini e sui cibi per i cani. Come nella corsa più pazza del mondo, da una settimana è un continuo colpo di scena, un sorpasso dietro all’altro fino al rischio dell’effetto contrario, cioè l’assuefazione. La festa appena cominciata è già finita: resta solo da scoprire come potranno riempire i giorni da qui al 2 marzo, cosa gli resterà ancora da promettere (accise azzerate, convenzioni con gli orafi, colf gratis, serviti in porcellana di Capodimonte), come potranno alzare il volume in un mercato nel quale tutti promettono massima affidabilità e nello stesso momento la pozione più potente, o la mela più rossa e più lucida.
…più forte ragazzi!
L’ultimo uno-due, il 10 gennaio, è stato quello di Silvio Berlusconi e Matteo Salvini. Il primo, preso dall’euforia, ha detto alla radio che il Jobs Act va abolito perché i contratti sono in gran parte a termine. Sembrava di sentire Cremaschi, Renzi già ridacchiava (“Saranno contenti nel Nord-Est”) e allora Forza Italia ha mandato subito una nota di esegesi: no, scusate, intendeva dire che servono più strumenti più efficaci per le imprese. Il segretario della Lega, invece, ha preso il telefono e ne ha buttate due o tre così, come se avesse sbagliato la chat di whatsapp. Va cancellato il decreto sull’obbligo dei vaccini, ma va eliminata anche la riforma della Buona Scuola. La smania trumpiana di abolire tutto ciò che è stato deciso un attimo prima arriva a sovrapporre la figura di Roberto Calderoli che da ministro – con lanciafiamme e, peggio, giacca di pelle – appiccava il fuoco a 375mila norme con quella di Luigi Di Maio che vuole abolire 400 leggi in un colpo solo. “Abbiamo bisogno non di aggiungere ma di sottrarre leggi, adempimenti, obblighi e divieti che hanno prodotto una ragnatela in cui gli onesti restano imbrigliati e i disonesti si muovono con rapidità impressionante”.
Il colpo di cannone
Da sempre le tasse sono l’insegna più luminosa e colorata della vetrina. Tasse, lavoro, soldi in più, molti soldi in più. Il primo colpo di cannone è stato di Matteo Renzi, con l’abolizione del canone della Rai, davanti alla quale Carlo Calenda era saltato sulla sedia: ma come, ma se l’abbiamo appena messo in bolletta per farlo pagare a tutti. Dopo aver fatto litigare per tutto il giorno il ministro con Matteo Orfini e gli altri renziani, oggi ne è uscito dicendo che era solo un modo per far parlare Berlusconi di evasione perché “il Pd punta a tornare a Palazzo Chigi, non alla guida di Agcom”, come se la proposta l’avesse fatta qualcun altro. Piero Grasso, caposquadra di Liberi e Uguali, ha risposto con la contraerea: ho incontrato una studentessa a Pavia, ha raccontato serio, che usciva quasi in lacrime dall’università. Insomma: via le tasse universitarie.
Chi più ne ha
Abbondandis in abbondandum. Berlusconi assicura di “sgravare di ogni tassa sul lavoro e di ogni contributo per i primi sei anni le imprese che assumeranno a tempo indeterminato giovani disoccupati. Anzi, no di più: ci sarà una tassa unica per imprese e famiglie al posto di Irpef e Irap, “inferiore a tutte le aliquote in vigore”. Di Maio invece ha pronta “una misura shock per ridurre il costo del lavoro“, ma anche la rimodulazione dell’Irpef. Secondo Renzi gli 80 euro si possono estendere ai genitori per ciascun figlio minorenne“, mentre i salari minimi – aggiunge – devono essere per legge almeno di 9 euro all’ora. La soluzione è un “altro Jobs Act” con decontribuzione e un intervento ad hoc per il ricollocamento degli over 50 con l’obiettivo di un milione di posti di lavoro (un altro milione, secondo la narrazione renziana).
L’elettorato è in grossa parte formato da anziani e quindi Berlusconi fa partire l’ennesimo round dalle pensioni per le quali propone minimi di mille euro per tredici mensilità, anche per le mamme (ma sì) e “adegueremo al valore reale dell’euro anche le altre pensioni. Abbiamo fatto i conti e ce la possiamo fare”. Nello stesso momento l’alleanza Forza Italia-Lega si basa sulla cancellazione degli “effetti deleteri” della legge Fornero. L’ex ministra ha ricordato che in realtà quella legge è già stata abbondantemente corretta, qualcun altro ha calcolato che servirebbero 350 miliardi e quindi ora Berlusconi parla di cassare solo alcune parti della Fornero. Secondo Di Maio, comunque, la soluzione c’è: abolizione “graduale”, in cinque anni.
La scomparsa della povertà
Il reddito minimo è sulla bocca di tutti, anche se ognuno lo chiama in modo diverso. “Di cittadinanza” a Renzi fa schifo, ma vorrebbe aumentare a due miliardi quello “d’inclusione“. Berlusconi invece lo chiama “di dignità“: “Sotto i mille euro al mese non solo non si dovrà pagare nessuna tassa, ma, al contrario, sarà lo Stato a versare quanto serve per vivere una vita dignitosa”. Luigi Di Maio invece ha spiegato da Vespa che la povertà con i Cinquestelle scomparirà: “Con un governo M5s non lasceremo mai più una persona singola, o una famiglia, o una famiglia di pensionati sotto la soglia di povertà“. Per l’esattezza è previsto un sostegno dai 780 euro per i single a reddito zero ai 1950 a ogni famiglia di 4 persone senza reddito.
I soldi potranno arrivare facendo pagare le tasse che secondo Luigi Di Maio sarà più facile incassare cancellando spesometro e studi di settore. “Diranno che così vogliamo favorire l’evasione fiscale, ma è semplificando che si aumenta il gettito per lo Stato e si riduce la pressione fiscale“. Nel frattempo Di Maio ha già chiarito che con i Cinquestelle saranno tagliati 50 miliardi di sprechi, di cui 12 di pensioni d’oro, più precisamente sugli assegni “da 5mila euro netti in su, nella parte non coperta dai contributi versati”. Dalla sua, rispetto agli altri, ha il sostegno del beneficio del dubbio.
Accattatevillo! Dai pannolini al veterinario
La macchina è già fuori controllo, insomma. La generosità smisurata, quasi compulsiva. Giorgia Meloni parla di asili nido gratuiti, “reddito bimbo”, lo stop all’Iva su pannolini e latte in polvere. Il premio speciale “batteria di pentole acciaio inox” va a Berlusconi, che come per abitudine ha un copione simile al comitato di Affari vostri sempre pronto ad offrire una cosetta in più per far cedere il concorrente. E allora: per gli automobilisti via il bollo sulla vettura principale, per i padroni di animali il “veterinario gratuito ogni 15 giorni” e la cancellazione dell’Iva dai cibi per cani, per gli anziani cure per l’odontoiatria, cure per gli occhi, “facilitazioni” per i trasporti e “e tanto altro ancora”. Come alla Corrida: non finisce qui.