“Stanno facendo lo smaltimento dell’Ilva (…) a Taranto e abbiamo preso tutto il trasporto del limo, del materiale… con i camion e deve venire qua questo materiale, ci sono dieci, dodici viaggi al giorno“. Ci sono due intercettazioni in cui il boss Francesco Tallarico, componente del direttorio della cosca Farao-Mariconcola e responsabile del locale di Casabona, tira in ballo i rifiuti tossici e gli scarti industriali dello stabilimento siderurgico pugliese arrivati in Calabria grazie a un’impresa vicina al clan. Le conversazioni sono state ascoltate dai carabinieri del Ros e inserite nel fascicolo dell’indagine Stige, che martedì ha portato all’arresto di 170 persone ritenute affiliate o contigue alla ‘ndrangheta.
Saranno le indagini del procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri e degli altri sostituti procuratori della Dda a verificare se i rifiuti speciali dell’Ilva di Taranto siano finiti in Calabria grazie a un imprenditore arrestato nell’inchiesta perché ritenuto vicino ai clan del crotonese. Quello che è certo al momento è che di rifiuti dell’Ilva parlavano, i capi delle cosche. In particolare, gli investigatori sono riusciti a registrare una conversazione in cui Tallarico dialoga con un altro boss, Giovanni Trapasso. I due discutono dell’imprenditore Giuseppe Clarà e di un appalto al quale quest’ultimo aveva partecipato.
Nel descrivere l’imprenditore, Tallarico ha ricordato le intimidazioni subìte da Clarà: “Tre o quattro anni fa tutti quei camion bruciati”. Avvertimenti che alle cosche del luogo sono ritornati utili perché da quel momento – è scritto nell’ordinanza – Clarà “era divenuto un imprenditore a disposizione delle loro organizzazioni criminali”. Lo dice lo stesso Talarico: “È normale, no, con noi… dove è andato andato in tutti questi paesi, quello che gli ho detto ha fatto non ha mai sgarrato una volta”. Ed è proprio il profilo di Clarà tracciato dai due boss che spinge gli investigatori a ritenere il seguito della conversazione “un’importante rivelazione” sulla quale sono stati disposti degli accertamenti.
Tallarico, infatti, – è scritto nell’ordinanza di custodia cautelare – “sosteneva che, attraverso una delle imprese di Clarà Giuseppe, si era accaparrato alcuni lavori di smaltimento di scarti industriali e rifiuti tossici provenienti dall’Ilva di Taranto, avendo la possibilità di effettuare circa dieci o dodici viaggi giornalieri, con il materiale che sarebbe stato poi scaricato in territorio calabrese”. Un lavoro per il quale Clarà doveva chiedere il “permesso” a Giuseppe Sestito.
Quest’ultimo, conosciuto da tutti come “compare Pino”, è il responsabile locale di Cirò Superiore e questo potrebbe far pensare che i rifiuti dell’Ilva siano arrivati, o quantomeno transitati, dal territorio in cui opera la cosca dei “cirotani”. Non si spiegherebbe altrimenti il perché l’imprenditore Clarà avesse bisogno del “placet di compare Pino” e dell’intermediazione del boss di Casabona per un affare in cui le cosche di Cirò non fossero coinvolte. “Noi – sono le parole di Tallarico – abbiamo preso, stanno facendo lo smaltimento dell’Ilva … omissis… a Taranto e abbiamo preso tutto il trasporto del limo, del materiale… con i camion e deve venire qua questo materiale, ci sono dieci, dodici viaggi al giorno e ho chiamato a lui l’ho fatto parlare pure con il compare Pino …”.
L’affare dei rifiuti dell’Ilva spunta anche in un’altra intercettazione in cui, sempre Francesco Tallarico parla con un uomo non identificato e si lamenta delle continue raccomandazioni di suo padre Carlo Mario Tallarico che lo invitava a stare attento: “Poi mi rompe i coglioni che non devo parlare né con quello e né con quell’altro ….. ‘gli altri sono tutti in galera e tu ancora stai girando’ … ho capito che sono tutti in galera e io sto girando …. però che ti fai un anno di galera o due anni o cinque anni che cazzo te ne frega”. Il carcere è un rischio che il boss ha messo in conto e la conversazione si conclude con il riferimento alla “possibilità di gestire – scrive il gip nell’ordinanza – un non meglio precisato lavoro presso lo stabilimento siderurgico Ilva di Taranto”. “Ora lo sai che ti dice: – racconta Talarico al suo interlocutore – ‘‘Ilva a Taranto te la intesto a te”.
Non è la prima volta che i rifiuti dello stabilimento pugliese finiscono nelle carte di un’inchiesta antimafia. Nel marzo scorso, infatti, la Dda di Catania aveva sequestrato la Cisma Ambiente Srl,titolare della discarica di Melilli, in provincia di Siracusa, dove erano finite 40mila tonnellate di polverino d’altoforno dell’Ilva di Taranto. Per gli inquirenti, gli imprenditori Antonino Paratore e il figlio Carmelo sarebbero stati le “teste di legno” del boss ergastolano Maurizio Zuccaro, nipote di Nitto Santapaola.
Tornando all’operazione “Stige”, oltre ai 170 arresti eseguiti ieri, su richiesta dei pm i carabinieri hanno sequestrato beni per circa 50 milioni di euro nelle provincie di Crotone, Cosenza e Catanzaro. Ma anche a Roma, Milano, Torino, Bologna, Modena, Parma, Cremona, Carrara, Chioggia, Lurago d’Erba e Robecco d’Oglio. Complessivamente i sigilli sono stati applicati a 57 società, 73 immobili tra ville, appartamenti, terreni e magazzini e 420 autovetture. È l’impero dei Farao-Marincola che adesso rischia di sgretolarsi per diventare patrimonio dello Stato.
Mafie
‘Ndrangheta, le mani dei boss sui rifiuti dell’Ilva: “Abbiamo preso lo smaltimento del limo. Ci sono dieci viaggi al giorno”
Le conversazioni sono contenute nel fascicolo dell'indagine Stige, che martedì ha portato all'arresto di 170 persone ritenute affiliate o contigue alle cosche calabresi. Secondo il gip, un imprenditore "a disposizione" dei clan aveva vinto un appalto per lo smaltimento "di scarti industriali e rifiuti tossici" provenienti dal siderurgico e il materiale "sarebbe stato poi scaricato in territorio calabrese”
“Stanno facendo lo smaltimento dell’Ilva (…) a Taranto e abbiamo preso tutto il trasporto del limo, del materiale… con i camion e deve venire qua questo materiale, ci sono dieci, dodici viaggi al giorno“. Ci sono due intercettazioni in cui il boss Francesco Tallarico, componente del direttorio della cosca Farao-Mariconcola e responsabile del locale di Casabona, tira in ballo i rifiuti tossici e gli scarti industriali dello stabilimento siderurgico pugliese arrivati in Calabria grazie a un’impresa vicina al clan. Le conversazioni sono state ascoltate dai carabinieri del Ros e inserite nel fascicolo dell’indagine Stige, che martedì ha portato all’arresto di 170 persone ritenute affiliate o contigue alla ‘ndrangheta.
Saranno le indagini del procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri e degli altri sostituti procuratori della Dda a verificare se i rifiuti speciali dell’Ilva di Taranto siano finiti in Calabria grazie a un imprenditore arrestato nell’inchiesta perché ritenuto vicino ai clan del crotonese. Quello che è certo al momento è che di rifiuti dell’Ilva parlavano, i capi delle cosche. In particolare, gli investigatori sono riusciti a registrare una conversazione in cui Tallarico dialoga con un altro boss, Giovanni Trapasso. I due discutono dell’imprenditore Giuseppe Clarà e di un appalto al quale quest’ultimo aveva partecipato.
Nel descrivere l’imprenditore, Tallarico ha ricordato le intimidazioni subìte da Clarà: “Tre o quattro anni fa tutti quei camion bruciati”. Avvertimenti che alle cosche del luogo sono ritornati utili perché da quel momento – è scritto nell’ordinanza – Clarà “era divenuto un imprenditore a disposizione delle loro organizzazioni criminali”. Lo dice lo stesso Talarico: “È normale, no, con noi… dove è andato andato in tutti questi paesi, quello che gli ho detto ha fatto non ha mai sgarrato una volta”. Ed è proprio il profilo di Clarà tracciato dai due boss che spinge gli investigatori a ritenere il seguito della conversazione “un’importante rivelazione” sulla quale sono stati disposti degli accertamenti.
Tallarico, infatti, – è scritto nell’ordinanza di custodia cautelare – “sosteneva che, attraverso una delle imprese di Clarà Giuseppe, si era accaparrato alcuni lavori di smaltimento di scarti industriali e rifiuti tossici provenienti dall’Ilva di Taranto, avendo la possibilità di effettuare circa dieci o dodici viaggi giornalieri, con il materiale che sarebbe stato poi scaricato in territorio calabrese”. Un lavoro per il quale Clarà doveva chiedere il “permesso” a Giuseppe Sestito.
Quest’ultimo, conosciuto da tutti come “compare Pino”, è il responsabile locale di Cirò Superiore e questo potrebbe far pensare che i rifiuti dell’Ilva siano arrivati, o quantomeno transitati, dal territorio in cui opera la cosca dei “cirotani”. Non si spiegherebbe altrimenti il perché l’imprenditore Clarà avesse bisogno del “placet di compare Pino” e dell’intermediazione del boss di Casabona per un affare in cui le cosche di Cirò non fossero coinvolte. “Noi – sono le parole di Tallarico – abbiamo preso, stanno facendo lo smaltimento dell’Ilva … omissis… a Taranto e abbiamo preso tutto il trasporto del limo, del materiale… con i camion e deve venire qua questo materiale, ci sono dieci, dodici viaggi al giorno e ho chiamato a lui l’ho fatto parlare pure con il compare Pino …”.
L’affare dei rifiuti dell’Ilva spunta anche in un’altra intercettazione in cui, sempre Francesco Tallarico parla con un uomo non identificato e si lamenta delle continue raccomandazioni di suo padre Carlo Mario Tallarico che lo invitava a stare attento: “Poi mi rompe i coglioni che non devo parlare né con quello e né con quell’altro ….. ‘gli altri sono tutti in galera e tu ancora stai girando’ … ho capito che sono tutti in galera e io sto girando …. però che ti fai un anno di galera o due anni o cinque anni che cazzo te ne frega”. Il carcere è un rischio che il boss ha messo in conto e la conversazione si conclude con il riferimento alla “possibilità di gestire – scrive il gip nell’ordinanza – un non meglio precisato lavoro presso lo stabilimento siderurgico Ilva di Taranto”. “Ora lo sai che ti dice: – racconta Talarico al suo interlocutore – ‘‘Ilva a Taranto te la intesto a te”.
Non è la prima volta che i rifiuti dello stabilimento pugliese finiscono nelle carte di un’inchiesta antimafia. Nel marzo scorso, infatti, la Dda di Catania aveva sequestrato la Cisma Ambiente Srl,titolare della discarica di Melilli, in provincia di Siracusa, dove erano finite 40mila tonnellate di polverino d’altoforno dell’Ilva di Taranto. Per gli inquirenti, gli imprenditori Antonino Paratore e il figlio Carmelo sarebbero stati le “teste di legno” del boss ergastolano Maurizio Zuccaro, nipote di Nitto Santapaola.
Tornando all’operazione “Stige”, oltre ai 170 arresti eseguiti ieri, su richiesta dei pm i carabinieri hanno sequestrato beni per circa 50 milioni di euro nelle provincie di Crotone, Cosenza e Catanzaro. Ma anche a Roma, Milano, Torino, Bologna, Modena, Parma, Cremona, Carrara, Chioggia, Lurago d’Erba e Robecco d’Oglio. Complessivamente i sigilli sono stati applicati a 57 società, 73 immobili tra ville, appartamenti, terreni e magazzini e 420 autovetture. È l’impero dei Farao-Marincola che adesso rischia di sgretolarsi per diventare patrimonio dello Stato.
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Roma, 13 mar (Adnkronos) - Si terrà la prossima settimana, probabilmente giovedì 20 marzo, una seduta straordinaria della Camera dei deputati di tre ore e mezza per discutere le mozioni delle opposizioni sull'emergenza carceri. Lo ha stabilito la Conferenza dei capigruppo di Montecitorio.
Ramallah, 13 mar. (Adnkronos) - Secondo la Società dei prigionieri palestinesi e la Commissione per gli affari dei prigionieri ed ex prigionieri, almeno 25 palestinesi sono stati arrestati dalle forze israeliane durante le ultime incursioni nella Cisgiordania occupata. Tra gli arrestati ci sono una donna e diversi ex prigionieri, si legge nella dichiarazione congiunta su Telegram. Aumentano gli arresti a Hebron, dove secondo l'agenzia di stampa Wafa oggi sono state arrestate 12 persone, tra cui 11 ex prigionieri.
Roma, 13 mar (Adnkronos) - "Non c'è stato l'affidamento da parte del governo di infrastrutture critiche del Paese a Starlink" e "come già rassicurato dal presidente Meloni ogni eventuale ulteriore sviluppo su questa questione sarà gestito secondo le consuete procedure". Lo ha detto il ministro dei Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani in Senato rispondendo a una interrogazione del Pd.
Roma, 13 mar (Adnkronos) - Per quel che riguarda il piano 'Italia a 1 giga', "con riferimento alle aree più remote, il governo sta valutando con Starlink e altri operatori l'ipotesi di integrazione della tecnologia satellitare come complemento alle infrastrutture esistenti". Lo ha detto il ministro dei Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani rispondendo in Senato a una interrogazione del Pd.
"Nel caso specifico di Starlink, sono in corso delle interlocuzioni con alcune regioni italiane - del nord, del centro e del sud - per sperimentare la fornitura di un 'servizio space-based' rivolto ad aree remote o prive di infrastrutture terrestri. In ogni caso, si ribadisce che non sono stati firmati contratti nè sono stati conclusi accordi tra il governo italiano e la società Space X per l'uso del sistema di comunicazioni satellitari Starlink per coprire le aree più remote del territorio", ha chiarito Ciriani.
Roma, 13 mar (Adnkronos) - "Presso la presidenza del Consiglio non è stato istituito alcun tavolo tecnico operativo per lo studio della concessione a Starlink della gestione delle infrastrutture di connessione e telecomunicazione delle sedi diplomatiche italiane o delle stazioni mobili delle navi militari italiane". Lo ha detto il ministro per i rapporti con il Parlamento Luca Ciriani rispondendo al Senato a una interpellanza del Pd.
Roma, 13 mar (Adnkronos) - "Credo che l'esperienza viva possa essere più forte di qualunque altro elemento: io da giovane sono stata vittima di violenza, ho avuto un fidanzato che non capiva il senso del no". Lo ha detto in aula alla Camera la deputata del M5s Anna Laura Orrico, nel dibattito sulla Pdl sulle intercettazioni e in particolare sull'emendamento sul limite all'uso delle intercettazioni stesse.
"Quando l'ho lasciato ha iniziato a seguirmi sotto casa, si faceva trovare dietro gli angoli del mio quartiere. Venti anni fa non si parlava di violenza contro le donne, non c'era nessun meccanismo di prevenzione nè strumenti per agire -ha proseguito Orrico-. Il mio appello alla Camera è di sostenere questo emendamento, oggi gli strumenti ci sono ma non sono sufficienti. Le intercettazioni sono tra questi strumenti e nessuna donna è tutelata se non è consapevole".