Prendere un treno, un aereo, una nave e andarsene, via, lontano dalla grande città. La nuova classe media cinese è satura degli ambienti malsani delle megalopoli e cerca in luoghi ancora poco toccati dallo sviluppo urbano una boccata d’aria fresca, mentre l’aria delle città d’inverno si colora di grigio-smog. Alcune località del sud della Cina, come Jinghong, nello Yunnan, al confine con Laos e Myanmar, con la sua natura ricca, il clima tropicale e l’aria pulita, o Hainan, un’isola nel mar della Cina meridionale, sono oggi tra i luoghi preferiti per questi “rifugiati” dello smog. Ma l’arrivo di un numero sempre maggiore di persone sta mettendo sotto pressione quegli ambienti naturali incontaminati e ha attirato imprenditori immobiliari e palazzinari. Oggi la skyline di Jinghong è cambiata. Negli ultimi mesi sono spuntati nuovi complessi residenziali e commerciali. E per fare spazio, in alcuni casi, sono stati demoliti interi villaggi dell’etnia Dai, una minoranza del sud della Cina.
Hainan, è ormai diventata la Florida del Paese di mezzo. Come lo stato americano, anche l’isola cinese attrae ogni inverno centinaia di migliaia di pensionati che arrivano qui a trascorrere l’inverno. Più della metà di loro viene dalle grandi e inquinate città del Nordest del paese. Qualcuno rimane anche oltre la stagione invernale. “L’inquinamento, i lavoratori migranti e il freddo hanno reso Pechino invivibile”, ha spiegato al New York Times a dicembre scorso Sheng Shengmin, pensionato 67enne, che ha deciso di mettere radici a Sanya, capitale di quest’appendice tropicale della Cina. Una scelta fatta non solo per il bel tempo o il mare. Per i nati tra gli anni 50 e 60, come Sheng, la paura è anche quella di diventare un peso di troppo per i loro figli unici. “Quando vai in pensione con abbastanza denaro da parte, non torni più nella grande città”.
Natura e aria pulita però non attirano solo i vacanzieri invernali ultrasessantenni. La città è un ambiente sempre più ostico anche per i più giovani: il costo della vita e l’ambiente malsano sono fattori che spingono molti a cercare altre vie di realizzazione. A Jinghong c’è un’altra folta comunità di “rifugiati” per smog. “Non mi manca la vita in città”, ha dichiarato al Guardian il quarantenne Ji Feng, ex dipendente della China Development Bank. Da circa un anno vive qui con la moglie trentaduenne. Della vita nella metropoli, Ji ha mantenuto soltanto il lavoro: vendere, da broker, azioni e futures.
Come altre centinaia di pechinesi, Ji è venuto a Jinghong all’inizio del 2017. Era il periodo dell’airpocalypse – l’apocalissi dell’aria, come l’hanno battezzato i media anglofoni – un periodo di smog intenso che ha interessato per settimane il nordest della Cina. Spinto dai prezzi bassi degli immobili ha acquistato una casa e poco dopo si è lasciato definitivamente alle spalle la sua vecchia vita nella capitale. Era soprattutto il sovraffollamento di Pechino a irritarlo. “Ora che viviamo qui – ha spiegato ancora al quotidiano britannico – le probabilità che noi ritorniamo in città sono molto scarse. Credo che la vita sia meglio in provincia”.
Per il momento almeno. Molti imprenditori hanno infatti trasformato in un business il recente boom di nuovi residenti provenienti dalle città, facendo trovare loro gli agi della grande metropoli anche in questi luoghi. E se da un lato sono nati grattacieli e aree residenziali, dall’altro vanno sparendo gli ambienti naturali. Di più, la città di Jinghong si trova sulla tratta ferroviaria ad alta velocità – oggi in costruzione – progettata per collegare il sud della Cina con il Laos e, probabilmente, Singapore. Un ambizioso progetto infrastrutturale destinato a cambiare la faccia della regione. Anche per questo oggi ai margini della città si intravedono i profili di edifici nuovi e rari fino a pochi anni fa: i cementifici.
di China Files