Mentre centrodestra e Movimento 5 Stelle fanno a gara nel promettere agli elettori di abolire la sua riforma delle pensioni, Elsa Fornero continua a creare posti di lavoro. Ben più del Jobs Act renziano. Anche se, ça va sans dire, solo tra gli over 50, che per effetto dei nuovi requisiti vanno a riposo sempre più tardi. La tendenza è evidente da almeno un paio d’anni, ma le serie storiche dell’Istat sull’occupazione aggiornate a novembre 2017 mostrano che lo scorso anno si è accentuata. Un ruolo, certo, lo gioca il progressivo invecchiamento della popolazione che svuota progressivamente le classi di età più giovani. Il risultato finale è che dopo la riforma del lavoro renziana (e i relativi costosi sgravi contributivi) i posti sono aumentati per gli over 50 e diminuiti per le altre classi di età. Rispetto al marzo 2015, quando il Jobs Act è entrato in vigore, ci sono infatti 850mila occupati in più. Ma gli italiani nati prima del 1968 che hanno trovato lavoro sono quasi 1 milione, mentre l’hanno perso oltre 300mila persone tra i 35 e i 49 anni. Se si allarga lo sguardo all’ultimo decennio, emerge che rispetto al periodo pre crisi i lavoratori italiani con più di 50 anni sono aumentati di ben 2,8 milioni mentre gli under 50 sono calati di 2,7 milioni. I circa 100mila occupati in più registrati a novembre 2017 rispetto al gennaio 2008, quindi, sono tutti nati ultracinquantenni.
1,7 milioni di occupati in meno nella fascia 25-34 anni – All’inizio del 2008, dopo l’inizio della crisi finanziaria ma prima che l’onda lunga travolgesse anche l’economia reale, lavoravano 5,6 milioni di persone tra i 25 e i 34 anni e 10,49 milioni nella fascia 35-49 anni. Nel gennaio 2012, quando è entrata in vigore la riforma pensionistica Monti-Fornero varata in tutta fretta nel dicembre 2011, erano rispettivamente 4,6 milioni e 10,5 milioni. Da allora il declino, pur con qualche oscillazione mensile, è stato costante. E nel novembre 2017 erano impiegati solo 4,093 milioni di nati tra 1983 e 1992 e 9,7 milioni di adulti nati tra i 1969 e il 1984. In queste due fasce di età gli occupati sono dunque calati di 2,3 milioni, di cui 1,7 tra i 25-34enni. Il loro tasso di occupazione è sceso in meno di dieci anni dal 70,6 al 61,6%, mentre quelli in cerca di lavoro – leggi disoccupati – sono cresciuti da 555mila a 814mila.
Il tasso di occupazione degli over 50 è salito dal 24,4 al 31,7% – Nel frattempo guadagnava sempre più terreno la coorte degli over 50, per le cui assunzioni la legge Fornero ha previsto anche sgravi contributivi del 50% nel caso in cui siano rimasti disoccupati. Nel gennaio 2004 gli occupati di questa fascia di età erano solo 4,8 milioni. Nel gennaio 2008 erano già saliti a 5,5 milioni. Gennaio 2012, i lavoratori over 50 sono 6,2 milioni. Scatta la Fornero: da allora in poi per andare in pensione non basta più che la somma di età anagrafica e contributiva raggiunga quota 96. Sono richiesti almeno 20 anni di contributi e un’età che sale progressivamente dai 62 anni del 2012 ai 66 anni e 7 mesi tuttora in vigore, che diventeranno 67 nel 2019. Tempo tre anni, a gennaio 2015 di ultracinquantenni lavoratori se ne contavano un milione in più: 7,26 milioni. A novembre 2017 sono arrivati a quota 8,3 milioni, il massimo storico. L’aumento della loro partecipazione al mercato ha fatto ovviamente salire anche il numero di quanti cercano un posto: sono 549mila contro i 149mila del 2008 e gli oltre 300mila del 2012. Il loro tasso di occupazione in compenso è salito dal 24,4 al 31,7 per cento.
Occupati under 24 in calo di 400mila – Discorso a parte per i giovani under 24, sempre più a rischio di ritrovarsi nelle fila di chi non lavora, non studia né segue percorsi formativi. Il confronto con gli anni prima della crisi evidenzia un aumento del tasso di disoccupazione dal 20,4% del gennaio 2008 al 32,7% del novembre 2017: pure in forte calo rispetto ad ottobre, la percentuale resta la terza più alta d’Europa dopo quelle di Grecia e Spagna. Gli occupati sono scesi da 1,45 milioni a poco più di un milione, ma oltre ai disoccupati (504mila contro i 374mila di inizio 2008) sono lievitati anche gli inattivi, stabili da 12 mesi a quota 4,3 milioni.
L’impatto della demografia – Nel suo ultimo comunicato l’Istat specifica comunque che “al netto dell’effetto della componente demografica, l’incidenza degli occupati sulla popolazione è in crescita su base annua a tutte le età” in quanto “il calo della popolazione tra 15 e 49 anni influisce in modo decisivo sulla variazione dell’occupazione nei dodici mesi in questa fascia di età, attenuando l’aumento per i 15-34enni e rendendo negativa la variazione per i 35-49enni. Al contrario la crescita della popolazione degli ultracinquantenni ne amplifica, in valore assoluto, la crescita occupazionale”.