Le Olimpiadi invernali tornano sulla Rai, dopo il buco storico di Sochi 2014 e le pressioni del Coni e del governo. Anche se per la tv pubblica non sarà proprio un grande affare, in un momento in cui c’è già grande agitazione per la perdita dei Mondiali di calcio (passati a Mediaset): secondo quanto risulta a ilfattoquotidiano.it, i giochi di Pyeongchang 2018 costeranno 10 milioni di euro. E tra discipline di nicchia e orari di trasmissione improbabili per il fuso coreano, sarà praticamente impossibile rientrare della spesa a livello commerciale. Di fatto, si tratta di un “tributo al Coni di Malagò”, come spiegano da viale Mazzini. La notizia era arrivata già a meta dicembre, con l’ufficializzazione dell’acquisto dei diritti tv da parte della Rai. Ora è stato presentato anche il palinsesto, nel salone d’onore del Coni di un raggiante Giovanni Malagò: 110 ore di programmazione dedicata su Rai 2 e Rai Sport HD tra dirette, repliche e approfondimenti, 3mila atleti, 102 gare e oltre 300 medaglie da assegnare. “Sarà una grande finestra sul mondo, sugli sport del ghiaccio e della neve, un racconto a 360 gradi. La Rai c’è”, ha detto il direttore generale Mario Orfeo. Di tutte le cifre snocciolate mancava però la più importante, sia nella presentazione del Foro Italico, che nel comunicato stampa Rai di dicembre. Quanto sono costati i Giochi alla tv pubblica?
Le Olimpiadi, infatti, appartengono al Gruppo Discovery, che trasmetterà tutti gli eventi sulle reti satellitari di Eurosport, e ha ceduto in Italia i diritti in chiaro alla Rai. Sulla parte economica, Orfeo ha glissato elegantemente: “Ringraziamo Discovery per la disponibilità, che s’intende non è stata gratuita”. Non è stata nemmeno troppo a buon mercato: da fonti interne all’azienda, il costo sarebbe di circa 10 milioni di euro (ci sarebbero 3 milioni di cambio merce, in spazi pubblicitari sui canali pubblici). In termini assoluti, non si tratta neppure di una cifra esorbitante: per Vancouver 2010 (l’ultima edizione trasmessa prima del “gran rifiuto” di Sochi) viale Mazzini aveva sborsato 45 milioni di euro, ma in accoppiata con Londra 2012, che era il pezzo forte del pacchetto. E la notizia avrà sicuramente fatto felici gli appassionati, che potranno seguire in chiaro le gare e tifare per la nazionale. Per l’azienda, però, c’è un piccolo problema: le Olimpiadi invernali in generale, e queste coreane in particolare, hanno un valore commerciale praticamente pari a zero. Il perché è presto detto: a fronte di qualche appuntamento clou (la discesa e lo slalom di sci alpino, lo short track della portabandiera Arianna Fontana, la sprint di sci di fondo con Federico Pellegrino), i Giochi invernali propongono ore e ore di curling, slittino, skeleton e altre discipline di nicchia, poco adatte alla tv generalista. Mettiamoci pure che il fuso orario con Pyeongchang dice +9, e che la maggior parte delle gare cadrà in piena notte italiana, e si capisce come questa Olimpiade non potrà essere un affare per l’emittente di Stato.
Non lo sarà di sicuro sul piano dei ricavi pubblicitari. Già Rio de Janeiro 2016, nonostante spettacolo e vittorie, era stata un bagno di sangue per la Rai: come rivelato all’epoca da Il Giornale, appena 7,5 milioni di euro di introiti dagli sponsor, a fronte di circa 60 milioni spesi tra cash e cambio merce per i diritti. Per Pyeongchang 2018 l’esborso è minore, ma si attendono entrate quasi nulle. Né i Giochi possono essere considerati un buon investimento per il palinsesto, considerando che non risolverà il problema di prime serate e prime time. Al massimo potrebbe portare qualche buon ascolto con le repliche della mattina, in una fascia in cui Rai 2 tradizionalmente fa fatica. Troppo poco, comunque, un simile investimento che si giustifica essenzialmente con la volontà di offrire a tutti gli italiani le Olimpiadi. Giusto? Sbagliato? Di sicuro in nome del servizio pubblico, e di qualche pressione politica, il Cda ha autorizzato in extremis (a neanche due mesi dalla cerimonia d’inaugurazione) una spesa che in altri casi non avrebbe mai avallato: “Si tratta di un tributo che un’istituzione, la Rai, paga a un’altra istituzione, il Coni”, spiegano da viale Mazzini. Nel 2014, infatti, la decisione dell’allora dg Luigi Gubitosi di rinunciare ai Giochi di Sochi aveva creato molte polemiche: Malagò si era anche scontrato apertamente col suo vice, Antonio Marano. “Abbiamo voluto riparare a quel vulnus con questa scelta”, si è quasi scusato stavolta Orfeo, guadagnandosi la benedizione del numero uno dello sport italiano. “Sono felice, le Olimpiadi sono al primissimo posto per quello che rappresenta il servizio pubblico”. Malagò, insomma, è contento. Le casse della tv di Stato forse un po’ meno.