Televisione

Non c’è bisogno di presentazioni, e nemmeno di dire che la prima puntata dello show di David Letterman (con Obama) è da vedere

Un'ora che fila via liscia. Perché quando sei un fuoriclasse dell'intrattenimento televisivo la pensione non ti arrugginisce. Netflix confeziona un esempio di intrattenimento praticamente perfetto, capace di ridefinire i contorni dell'intervista televisiva

di Claudia Rossi

Evento atteso, anzi molto atteso. Rischio di aspettative deluse, altissimo. Se dici che salirai in cima all’Everest e poi ti fermi al primo campo base porti a casa una delusione epica. E il ritorno di David Letterman dopo l’annunciata pensione sa di questa cosa qui. Esci di scena in modo grandioso, chi te lo fa fare di rimetterti in gioco? L’unico motivo valido è avere in tasca la cima dell’Everest. E lui, Letterman, ce l’ha. Come nemmeno Edmund Hillary. Non c’è bisogno di presentazioni è da oggi disponibile su Netflix: sei puntate, una al mese. Lo show (anche se, dice lui, non è uno show) che segna il ritorno del conduttore più amato degli Stati Uniti. L’ospite della prima? Barack Obama. Va da sé che da una coppia del genere e parlando da un punto di vista squisitamente televisivo, ci si aspetta parecchio.

 

Letterman: “Abbiamo entrambi lasciato lavori a lungo termine”
Obama: “Si, ma io non sono stato licenziato”.

Inizia così la chiacchierata tra i due, dopo un’introduzione leggera. Inizia la scalata. Con attrezzatura snella (scenografia sobria, pubblico ‘vero’), passo agilissimo, due prime donne che si spalleggiano senza rubarsi la scena.  Com’è stato il primo giorno di Obama dopo la fine della presidenza. Qual è e quale deve essere il ruolo di una first lady (la sua “ha fatto uno splendido lavoro perché ha capito, per certi aspetti più in fretta di me – dice Barack – che la capacità di guidare un paese non ha niente a che fare con la legislazione e con le norme ma con la capacità di influenzare la mentalità, la cultura”). Domande e risposte scorrono via fluide. C’è tempo per fare un bilancio sugli anni alla Casa Bianca, c’è tempo per un analisi della situazione attuale, e c’è tempo per parlare di Trump, senza parlare di Trump.

Letterman: “Diciamo, c’è una democrazia e il processo di voto è manomesso da paesi stranieri…”
Obama: “Ipoteticamente”
Letterman: “Ipoteticamente. Cosa è più dannoso, per quella democrazia? Potrebbe essere lo svilimento della stampa da parte del capo di quella democrazia? O qualcuno che sabota il processo di voto?
Obama: “Il problema più importante di questa democrazia è il non condividere una parte di fatti comuni…”

 

Obama risponde. Dettagliatamente. La democrazia, la stampa, il diritto al voto nel Paese con “uno dei tassi di affluenza alle urne più bassi del mondo”, il razzismo oggi. E i social media, visti con meno incanto di quanto ci si aspetterebbe da uno che li ha usati prima e li usa oggi molto frequentemente, e molto bene.

“Va bene Presidente – dice Letterman, giocando – so che deve tornare nello Studio Ovale” ed è a questo punto dello show che arriva il coup de théâtre più bello, più atteso, quello che manda il pubblico in visibilio (no spoiler, please). Il ritratto dell’ex Presidente si delinea grazie alla mano leggera di Letterman: l’infanzia, le figlie, l’aneddoto su Prince nel quale Obama confessa di non saper ballare se non con “le mosse da papà”, qualche battuta. Netflix confeziona un esempio di intrattenimento praticamente perfetto, capace di ridefinire i contorni dell’intervista televisiva. L’asticella si alza, tanto. E’ la famosa cima dell’Everest. Un’ora che fila via liscia. Perché quando sei un fuoriclasse dell’intrattenimento televisivo la pensione non ti arrugginisce. E quanto sei l’ex Presidente degli Stati Uniti mediaticamente più forte di sempre la non presidenza ti rende perfino più affascinante. Non c’è bisogno di presentazioni, e nemmeno di dire che questo è uno show da vedere.

Non c’è bisogno di presentazioni, e nemmeno di dire che la prima puntata dello show di David Letterman (con Obama) è da vedere
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