Un'ora che fila via liscia. Perché quando sei un fuoriclasse dell'intrattenimento televisivo la pensione non ti arrugginisce. Netflix confeziona un esempio di intrattenimento praticamente perfetto, capace di ridefinire i contorni dell'intervista televisiva
Letterman: “Abbiamo entrambi lasciato lavori a lungo termine”
Obama: “Si, ma io non sono stato licenziato”.
Inizia così la chiacchierata tra i due, dopo un’introduzione leggera. Inizia la scalata. Con attrezzatura snella (scenografia sobria, pubblico ‘vero’), passo agilissimo, due prime donne che si spalleggiano senza rubarsi la scena. Com’è stato il primo giorno di Obama dopo la fine della presidenza. Qual è e quale deve essere il ruolo di una first lady (la sua “ha fatto uno splendido lavoro perché ha capito, per certi aspetti più in fretta di me – dice Barack – che la capacità di guidare un paese non ha niente a che fare con la legislazione e con le norme ma con la capacità di influenzare la mentalità, la cultura”). Domande e risposte scorrono via fluide. C’è tempo per fare un bilancio sugli anni alla Casa Bianca, c’è tempo per un analisi della situazione attuale, e c’è tempo per parlare di Trump, senza parlare di Trump.
Letterman: “Diciamo, c’è una democrazia e il processo di voto è manomesso da paesi stranieri…”
Obama: “Ipoteticamente”
Letterman: “Ipoteticamente. Cosa è più dannoso, per quella democrazia? Potrebbe essere lo svilimento della stampa da parte del capo di quella democrazia? O qualcuno che sabota il processo di voto?
Obama: “Il problema più importante di questa democrazia è il non condividere una parte di fatti comuni…”
Obama risponde. Dettagliatamente. La democrazia, la stampa, il diritto al voto nel Paese con “uno dei tassi di affluenza alle urne più bassi del mondo”, il razzismo oggi. E i social media, visti con meno incanto di quanto ci si aspetterebbe da uno che li ha usati prima e li usa oggi molto frequentemente, e molto bene.