L’ultimo film della Disney-Pixar, Coco, diretto da Lee Unkrich, racconta la storia di Miguel, un ragazzino di dodici anni con una passione incontenibile per la musica, che deve vivere segretamente perché (la musica) è assolutamente vietata dalla famiglia, da molto tempo.

Il film è un continuo alternarsi di allegria e tristezza,  tra mondo dei vivi e  mondo dei morti, di spinta verso l’esterno e l’esplorazione di se e del mondo di Miguel e di chiusura al mondo con il ritiro in se di un’anziana signora ripiegata in se stessa, nel suo cuore di bambina, nei ricordi di suo padre.

Il film affronta molte tematiche, io vorrei soffermarmi su una, sul bisogno di condividere le regole che si ritiene i figli debbano rispettare e sui rischi che i veti rigidi verso i tentativi di affrancazione del bambino prima, del fanciullo e dell’adolescente poi, possono comportare.

Miguel è tutto sommato un ragazzino equilibrato, che è riuscito fino a quel momento a combinare il suo talento per la musica, con i tabù familiari che a causa di traumi pregressi, vogliono la musica bandita da casa in tutte le sue forme. Il ragazzino costruisce di nascosto la sua identità musicale, coltivando la sua passione senza suscitare la sensibilità familiare, particolarmente quella della nonna, la matriarca della famiglia, il cui pensiero non viene messo in discussione da nessuno.

Andrebbe tutto liscio se non fosse che l’istintiva esigenza di esprimersi e farsi conoscere per quello che è, tipica del momento evolutivo, di affermare, consolidare e condividere la sua musica, spingono Miguel a fare cose maldestre, che lo tradiscono. La nonna scopre la sua passione, la sua chitarra e la sua idea di cantare alla festa dei morti e ribadisce con maggiore forza, distruggendo lo strumento, la regola familiare: niente musica.

Miguel coerentemente con l’istinto adolescenziale, si ribella al divieto e sceglie strade alternative e tortuose, meno dirette, arrivando a rubare ai morti (quindi a infrangere anche ciò che di più sacro ci può essere per la famiglia e la cultura a cui appartiene), per affermare quello che vuole.

Nel suo percorso sarà posto di fronte a molti ostacoli, a situazioni difficili, a volte pericolose, a idealizzazioni e delusioni, che dovrà affrontare per lo più da solo.

La storia rappresenta in forma fiabesca, quello che avviene a partire dalla preadolescenza, quanto l’istinto all’affermazione sia forte, a scapito anche della propria incolumità, e quanto possa essere difficile avventurarsi nel percorso verso l’autonomia, se viene affrontato con l’impressione di non poter contare sull’approvazione delle figure di riferimento, la famiglia, quando questa non riconosce e non accetta la diversità (rispetto alle proprie aspettative) del figlio. Questo come genitori e come adulti lo dobbiamo sempre tenere presente: per un ragazzo l’istinto di affermazione può essere più forte anche dell’istinto di conservazione.

Il film mette anche in evidenza come i divieti familiari siano spesso legati ad esperienze personali, non necessariamente utili o protettivi per un figlio – nel nostro caso il divieto era stato imposto all’epoca dalla nonna di Miguel, che aveva vissuto sulla sua pelle la sofferenza di sua madre Coco, per essere stata abbandonata da suo padre che aveva seguito la propria passione per la musica – esperienze personali che, attraverso un meccanismo di spostamento su un oggetto esterno (la musica), trasferiscono su un singolo elemento tutte le responsabilità di un trauma per potersene tenere a distanza. Per un figlio tutto questo risulta in genere incomprensibile.

Nel film, la ribellione di Miguel crea scompiglio, preoccupazione, rabbia, ma rimette a posto le cose, consentendo alla famiglia di fare pace con il proprio passato.

Nella realtà non sempre questo accade. Spesso il comportamento dei figli mette a dura prova i principi di vita dei genitori con preferenza verso quelli a cui i genitori sono più sensibili contribuendo ad aprire crisi familiari che possono protrarsi anche per anni. Il film suggerisce che all’istinto di soffocare una ribellione è più utile sostituire la riflessione su quanto, la ribellione, possa portare nuove risorse e stimolare soluzioni o cambiamenti utili nelle dinamiche familiari.

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