di Angelo Mazzoleni
In questi giorni di campagna elettorale, oltre alle promesse mirabolanti, senza coperture di alcuni partiti politici, assistiamo a una contestazione, da parte di alcuni autorevoli giornalisti, dell’estensione a questa categoria, di alcune norme dell’ Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AgCom) atte a garantire un minimo di par condicio in tv. In pratica, come per i politici, viene richiesta la presenza di più giornalisti che possano esprimere diverse posizioni politiche durante una stessa trasmissione, o che dichiarino il loro orientamento politico.
Le argomentazioni addotte dai detrattori di questa scelta si riducono in sostanza a due:
1. un sacrilegio impedire la libertà di espressione della stampa (succede solo nei regimi);
2. impossibile, difficile, comunque ridicolo, invitare giornalisti di diversi orientamenti politici in una stessa trasmissione;
Entrambe queste motivazioni, nel contesto della attuale realtà politica italiana, considerato il livello di informazione dominante sono, a mio parere false, fuorvianti, un po’ ipocrite e hanno il sapore di una difesa di categoria. Libertà di espressione non significa infatti libertà di influenzare, da una propria postazione di privilegio, in campagna elettorale, un pubblico spesso privo di senso critico, con i giudizi politici, spesso spacciati per oggettivi, invece che come opinioni personali o utilizzando una serie di tecniche comunemente usate per mistificare i fatti in assenza di un contraddittorio. A maggior ragione se ci si finge indipendenti e obiettivi, ma non si ha il coraggio di dichiarare apertamente per chi si vota.
Sappiamo che, in Italia, la maggior parte dei giornali ha editori-padroni, che spesso ne dettano o condizionano la linea e che i giornalisti, realmente indipendenti o professionalmente corretti, sono molto pochi. Come è facilmente riscontrabile, spulciando e confrontando le informazioni date sui vari canali, questo vale anche per i vari talk televisivi e tg, in quanto viziati a monte da un gigantesco conflitto di interessi, mai non a caso sanato, sia sulle reti Mediaset, che in quelle cosiddette pubbliche ma di nomina politica da parte del governo in carica.
Il caso più evidente di questa cattiva informazione e squilibrata par condicio è quello del M5S che, avendo pochi giornalisti “amici” e nessun peso o quasi nelle tv di Stato, risulta oggettivamente penalizzato sia sul piano politico che dell’immagine.
Infine, mi pare altrettanto riscontrabile ed evidente, seguendo le diverse trasmissioni televisive di maggior ascolto, che non solo i conduttori e giornalisti ospiti usano due pesi e misure nei giudizi che esprimono sulle diverse forze politiche, ma utilizzano o no, a seconda della convenienza e del politico presente in studio, tecniche di interruzione, domande addomesticate o feroci. Altro che reale obiettività, indipendenza, professionalità, di cui spesso parla uno dei contrari a questo regolamento, il pur apprezzabile Enrico Mentana. Il suo discorso avrebbe un senso se tutti i giornalisti fossero su quel livello di professionalità e reale obiettività, cosa per altro difficile per ogni essere umano.
Purtroppo sappiamo che così non è. Che questo è un discorso utopico e astratto nella migliore delle ipotesi. Ben vengano dunque finalmente,, almeno in campagna elettorale, queste regole ferree dell’Agicom. Peraltro trovare dei contraltari di giornalisti in una stessa trasmissione, anche se più difficoltoso, non è affatto impossibile. In ogni caso, che almeno i giornalisti presenti dichiarino onestamente, prima di esprimere liberamente giudizi e analisi, per chi votano. Forse questo potrebbe anche essere in un primo passo verso una informazione davvero più onesta e corretta, anche dopo le elezioni.
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