Il segretario del Pd attacca dal palco del Lingotto davanti ai sindaci del suo partito: "I nostri non mettono 5 milioni in più a penna, nelle nostre città i revisori dei conti non si dimettono", dice riferendosi all'inchiesta che coinvolge la prima cittadina M5s sull'ex Westinghouse. Lei risponde ricordando l'indagine su Fassino: "Dopo i successi in politica, emette sentenze prima ancora della chiusura delle indagini. La prossima volta ci pensi prima di accusarci"
Il riferimento è chiaro anche se il nome di Chiara Appendino non lo pronuncia: “Noi siamo gli amministratori che non falsificano i bilanci, non mettono cinque milioni in più a penna. E nelle nostre città i revisori dei conti non si dimettono”. E poi c’è il palco da cui Matteo Renzi parla, a fugare ogni dubbio: il Lingotto di Torino. Così la sindaca del capoluogo piemontese non perde tempo e risponde: “Ha deciso di sostiuirsi ai magistrati, proprio mentre illustri esponenti del suo partito sono sotto inchiesta per il Salone del Libro“, scrive su Facebook ricordando l’inchiesta che coinvolge Piero Fassino.
Il botta e risposta senza esclusioni di colpi tra il segretario del Pd e la Appendino è aperto da Renzi nel corso del suo intervento davanti ai sindaci dem, per lunghi tratti incentrato proprio sul M5s: “Per mesi e mesi si è parlato del buon governo dei Cinque stelle” a Torino “ma per prima cosa hanno tagliato sulla cultura“, ha esordito. Poi la stoccata: “Noi non vogliamo fare polemica ma mostrare una diversità. Noi siamo gli amministratori che non falsificano i bilanci, non mettono cinque milioni in più a penna. E nella nostre città i revisori dei conti non si dimettono”.
Riferimenti chiari all’indagine sull’ex Westinghouse che coinvolge proprio Appendino, sotto inchiesta per falso in atto pubblico assieme al suo ex capo di Gabinetto Paolo Giordana e l’assessore al Bilancio Sergio Rolando. L’ipotesi di reato nasce da una postilla inserita nel primo bilancio firmato dalla giunta a 5 stelle e fa riferimento alla vicenda dell’ex Westinghouse. Si tratta di un debito da 5 milioni di euro ereditato dall’amministrazione di Fassino, ma cancellato dal documento contabile della città. I predecessori della Appendino avevano contratto il debito con la società Ream della Fondazione Crt, che aveva anticipato come caparra i 5 milioni per assicurarsi un diritto di prelazione per costruire un grosso centro commerciale sull’area ex Westinghouse.
Quei soldi, secondo gli accordi, dovevano essere restituiti nel 2017, visto che poi il progetto in questione è stato accantonato. Nel bilancio 2016, però, quella cifra non è mai comparsa. E negli scorsi giorni sono arrivate le dimissioni dei revisori dei conti del Comune, dopo mesi di polemiche e scontri con la giunta M5s e la sindaca per la bocciatura della variazione al bilancio 2017-2019 e il bilancio consolidato 2016 e il braccio di ferro anche sul debito Ream.
“Non possiamo stare sempre sulla difensiva facendo raccontare che sprechiamo i soldi pubblici, perché non è così. Se con me si fossero dimessi i revisori dei conti, ci avrebbero portato via”, aveva esordito il segretario del Pd prima di sferrare l’attacco contro “gli amministratori che falsificano i bilanci”. E l’Appendino ha risposto con un post su Facebook nel quale chiama in causa Fassino, sotto indagine assieme all’assessora regionale Antonella Parigi per turbativa d’asta e falso in atto pubblico nell’ambito dell’inchiesta sull’edizione 2016 del Salone del Libro: “Dopo gli ultimi ‘grandi’ successi collezionati in politica, Renzi ha evidentemente deciso di sostituirsi ai magistrati, emettendo sentenze prima ancora della chiusura delle indagini – si legge sul suo profilo istituzionale – proprio mentre illustri esponenti del suo partito sono sotto inchiesta per il Salone del Libro e non solo. La prossima volta consiglio al segretario del Partito Democratico di pensarci due volte prima di accusare la nostra amministrazione di aver falsificato bilanci”.