Con una leggendaria supercazzola l’Autorità di garanzie cerca di spiegare all’Ordine dei giornalisti il folle regolamento sui cronisti e gli opinionisti, costretti a svelare le loro preferenze politiche e culturali per partecipare ai dibattiti tv durante la campagna elettorale in periodo di par condicio: “La norma sul contraddittorio tra opinionisti fa riferimento al caso specifico di programmi extra tg il cui format venga focalizzato sull’approfondimento, esclusivo o prevalente, di un tema specifico”. Resta il mistero sul significato di queste parole, ma intanto abbiamo chiesto ai conduttori – i quali dovranno rispettare diverse astruse norme per non far rischiare all’editore una multa dell’Agcom – come faranno a lavorare da qui al voto del 4 marzo sotto la mannaia dell’Autorità. Prima di loro, il direttore del Tg La7 Enrico Mentana aveva parlato, intervistato dal Fatto, di “lesione dell’intelligenza di chi organizza i talk show”.
BIANCA BERLINGUER – Norme inapplicabili e inutili: il pluralismo lo pratichiamo già
Che esistano giornalisti che sanno influenzare più dei politici, che risultano politicamente più efficaci dei politici stessi, è un fatto. Ma questo non è un motivo sufficiente per codificare con codicilli e clausole, per istituire una normativa che imponga un pluralismo che già di per sé esiste. Ci vuole misura, saggezza nel fare il mestiere che facciamo. Chi conduce programmi di informazione politica non ha alcun interesse a invitare ospiti che la pensino nello stesso modo; al contrario, è nostro dovere invitare persone che occupano posizioni antitetiche. E non c’entra la par condicio. Questo è un principio cui ci si attiene anche in tempi lontani dalle elezioni politiche. Quindi, al netto delle premesse, questi provvedimenti dell’Agcom mi paiono di difficile applicazione, se non addirittura inapplicabili. Non penso inizierò ora a sondare gli orientamenti politici degli ospiti, anche perché io baso il mio lavoro sul pluralismo, e lo faccio da sempre.