A causa delle correnti marine e del moto ondoso, la chiazza di petrolio fuoriuscito dalla nave iraniana Sanchi si è estesa e ha raggiunto un’area oltre 100 chilometri quadrati. Le fiamme in superficie sono state domate e due navi cinesi hanno iniziato l’attività di pulizia del greggio disperso in mare. In particolare, si sta intervenendo spruzzando agenti chimici allo scopo di far dissolvere il composto di gas e liquidi tossici. Le immagini mostrate dalla tv statale cinese Cctv mostrano l’ormai evidente disastro ambientale affondamento della petroliera Sanchi, avvenuto il 14 gennaio. 

“La situazione della marea nera è molto grave”, ha affermato un giornalista cinese. Il condensato trasportato dalla Sanchi è diverso dal greggio nero che spesso si vede riversato in mare nelle perdite petrolifere: è tossico, di bassa densità ed è più esplosivo. Ma Pechino continua a minimizzare le preoccupazioni ambientali legate alla fuoriuscita del greggio. Secondo un ingegnere dell’Amministrazione cinese, questi idrocarburi sono molto “volatili, quindi la maggior parte di essi si è dispersa nell’atmosfera, causando meno conseguenze per l’oceano”. “Siamo in pieno mare, molto lontano dalle zone abitate, quindi l’impatto per le persone dovrebbe essere minimo”, ha aggiunto, sorvolando così sulle conseguenze per l’ambiente marino, la sua flora e la sua fauna.

L’incendio e il conseguente affondamento della petroliera iraniana Sanchi sono stati causati dalla collisione del 6 gennaio a 160 miglia da Shanghai contro il mercantile Cf Crystal. Al momento solo 3 corpi dei 32 membri d’equipaggio della Sanchi sono stati recuperati. La petroliera trasportava 150.000 tonnellate, quasi 1 milione di barili, di condensato, un tipo di petrolio raffinato ultraleggero, in gran parte finito in mare. Le operazioni di contenimento del greggio fuoriuscito sono ostacolate dall’incendio che dalla petroliera si è diffuso anche sull’acqua, con gas altamente tossici.

 

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