Il 29 gennaio le componenti del calcio dovranno decidere chi sarà il successore di Carlo Tavecchio, dimessosi dopo il flop mondiale. Nessuna rivoluzione: i tre aspiranti sono già da tempo nel mondo del pallone. Non ci sarà Claudio Lotito, ma i suoi voti peseranno. Come avrà un ruolo la politica: "Le elezioni del 4 marzo possono essere un elemento di disturbo", dice Tommasi
La corsa è ufficialmente iniziata: due settimane di lotta senza esclusione di colpi, tra manovre ed alleanze. Una gara a chi la spara più grossa e a chi promette di più. Non sono le elezioni Politiche, solo quelle della Figc: il 29 gennaio il calcio italiano dovrà scegliere il successore di Carlo Tavecchio, l’uomo a cui affidare il compito della ricostruzione dopo lo storico flop della mancata qualificazione ai mondiali. Nessuna rivoluzione, però: il prossimo presidente sarà uno fra Damiano Tommasi, sindacalista dei calciatori in Federazione da oltre 7 anni, Gabriele Gravina, dirigente di lungo corso legato all’ex n. 1 Giancarlo Abete, e Cosimo Sibilia, senatore di Forza Italia.
IL BLUFF DI LOTITO – A mezzanotte di domenica scadeva il termine per la presentazione delle candidature. La notizia è che alla fine non sarà della partita Claudio Lotito. Il presidente della Lazio sabato aveva minacciato di scendere in campo di prima persona, fiutando l’occasione di riempire con la sua stazza il vuoto di potere in FederCalcio, dove è già stato “grande elettore” di Tavecchio e punta a ritornare. All’ultimo momento, però, non ha avuto le firme necessarie per candidarsi: servivano 11 squadre in Serie A o 12 in Serie B, lui si è fermato rispettivamente a 10 e 11, a un passo dal traguardo. Così allo scoccare della mezzanotte ha dovuto gettare la spugna: “Non ho i numeri? Ho numeri importanti…”, ha risposto a chi gli chiedeva della mancata candidatura. Lotito ha bluffato, insomma, ma fino a un certo punto: i 20 club che lo sostengono rappresentano comunque l’8-9% dei voti totali, saranno decisivi nella conta finale. E anche senza di lui la contesa elettorale si annuncia tutt’altro che edificante. Tutti chiedevano rinnovamento dopo l’eliminazione dai Mondiali, ma nessuno dei tre candidati rappresenta proprio il nuovo che avanza: il calcio italiano rischia di uscire da queste elezioni ancor più spaccato e diviso di prima.
CORSA A TRE: SIBILIA, GRAVINA, TOMMASI – Al momento lo scenario è di grande equilibrio ed è quasi impossibile fare un pronostico. Per una mera questione numerica, parte favorito Cosimo Sibilia, dal momento che la Lega Dilettanti conta da sola per il 34% (non a caso anche il suo predecessore Carlo Tavecchio veniva da lì). Lotito potrebbe portargli in dote un altro 10% (sono già arrivate le prime dichiarazioni di appoggio di alcune società a lui vicine, come Genoa e Benevento), ma il suo sostegno rischia di essere un’arma a doppio taglio: diventare il “candidato di Lotito” rischia di attirargli più sfavori che consensi. Su questo punta Gabriele Gravina, manager di lungo corso, amico dell’ex presidente Giancarlo Abete e n. 1 della Serie C: parte dal 17% della sua Lega, è il preferito dei grandi club (a partire da Juventus, Inter e il Torino di Urbano Cairo) e può trovare altri alleati sulla sua strada. Uno di questi potrebbe essere Damiano Tommasi, presidente dell’AssoCalciatori, che per il momento ha deciso di correre da solo: tanti vedono in lui l’uomo del cambiamento (anche se è stato eletto per la prima volta in Figc nel 2011…), ma gli ex giocatori non hanno mai goduto di grande stima nella politica del pallone.
L’OMBRA DELLA POLITICA – Di qui al 29 gennaio qualcuno dovrà fare un passo indietro: si cercano alleanze, accordi più o meno nascosti. Con un fattore in più da tenere in considerazione al tavolo delle trattative: “Purtroppo l’elezione del nuovo presidente federale s’inserisce nella campagna elettorale per le Politiche. Non è una buona cosa: c’è il riflesso delle promesse elettorali, può essere un elemento di disturbo”, ha detto Tommasi. Il fatto che Sibilia, uomo forte dei Dilettanti, sia pure senatore di Forza Italia non è l’unico punto di contatto con la politica: anche il ministro Luca Lotti segue con sguardo interessato la partita, mentre il Coni di Giovanni Malagò tifa per l’ingovernabilità totale che porterebbe al commissariamento. Il calcio italiano vale tanto, e fa gola a tutti. Specie alla vigilia delle elezioni.
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