Tutti lo chiamano “caso Orietta Berti” ma in realtà si dovrebbe chiamare “caso Sergio Boccadutri”. Questo è il nome del parlamentare Pd che ha trovato un’improvvisa celebrità per aver proposto un intervento della Agcom, riparatorio del danno provocato da Orietta Berti con la sua intervista a Un giorno da pecora, in cui la cantante manifestava pubblicamente l’intenzione di votare per il partito di Di Maio alle prossime elezioni.
Il problema è noto: siamo in periodo di par condicio e tutti i partiti devono avere lo stesso spazio sulle reti radiotelevisive, mentre l’intervento così esplicito di Orietta Berti in un programma radiofonico avrebbe alterato questo difficile equilibrio. Perché dico che il vero caso non è la simpatica Orietta ma l’onorevole Boccadutri? Intanto perché, con evidente sprezzo del ridicolo, l’onorevole propone un’interpretazione letterale e pignola della legge che porterebbe verso una deriva assurda. La legge, che (tra parentesi ma non troppo) a parer mio ha un suo senso, serve a impedire che chi ha a disposizione più mezzi di informazione li possa usare massicciamente, condizionando in maniera squilibrata l’opinione pubblica. Ora, con tutta la simpatia per un’artista che ha sempre svolto la sua professione con grande correttezza, c’è qualcuno, a parte l’onorevole Boccadutri, che può credere che Orietta Berti, con la sua autorevolezza e il suo carisma, possa influenzare le scelte degli italiani, corrompendo magari le menti più giovani? Neanche stessimo a parlare di Jim Morrison o Mick Jagger.
Ma, a parte gli scherzi, quello che è accaduto purtroppo è esemplare di un dato molto significativo che ha segnato e inquinato il clima politico degli ultimi anni. Il caso, il caso vero, politico, è l’ossessione che i rappresentanti del Pd (non tutti, ma quasi) rivelano, ogni volta che devono constatare l’esistenza dei cinque stelle. Ossessione che Boccadutri interpreta perfettamente. I cinque stelle, in questa idea ossessiva, non sono una forza politica avversaria, diversa, anche lontana per metodo e valori, magari pericolosa in una certa visione delle cose, ma semplicemente un babau, un contagio da cui bisogna preservare gli italiani, un male che non si deve neppure nominare. Il fatto è che con le ossessioni non si va da nessuna parte, in nessun campo e men che meno in politica.