“La Basilicata è una regione che sopravvive. Anche perché vivere in questo posto di merda… Io sono nato qua. Me ne voglio scappà e mi ci hanno rimandato per lavorà. Quindi insomma, per me la chiuderei proprio la Basilicata”. Forse chi parla si lascia andare. Ma è il responsabile della comunicazione di un’azienda, la Total, che in Basilicata si appresta a estrarre 50.000 barili di petrolio al giorno. Petrolio, Basilicata, Val d’Agri: la più grande piattaforma petrolifera sulla terra ferma d’Europa. Il più grande investimento del Mezzogiorno d’Italia.
La voce è di Massimo Dapoto, megafono ufficiale della Total E&P Italia, principale concessionaria dell’affare miliardario che è Tempa Rossa. Dall’altra parte del tavolo c’è Stefano Lorusso Salvatore, studente presso la scuola di giornalismo di Lille, in Francia, che prepara una tesina sull’impatto del petrolio in Basilicata e ha richiesto l’incontro-intervista al portavoce dell’azienda. L’uomo della comunicazione accetta ma vuole garanzie. “Come ha trovato la mia mail? Mi dia qualche informazione in merito alla sua persona per essere sicuro che sia uno studente”. Per rassicurarlo Lorusso invia la sua tessera universitaria. Dove è scritto nero su bianco che è sì uno studente, ma in giornalismo.
L’incontro in questione si svolge giovedì 22 dicembre 2017, ore 14:30, negli uffici della Total di Potenza. Sul tavolo cioccolatini, brochure, la rivista trimestrale e una penna usb brandizzata col logo della multinazionale d’Oltralpe. Il discorso parte con una rassegna dei successi del petrolio in Basilicata, mentre il dito del communication manager scorre rapido sulle pagine delle brochure: occupazione diretta e indiretta, investimenti, Pil regionale alle stelle. Poi il discorso derapa così: “La Basilicata già non vive solo grazie al petrolio. Fortunatamente. La Basilicata che viva come regione non lo so. La Basilicata è una regione che sopravvive. Anche perché vivere in questo posto di merda, voglio dì…”. Dapoto indica, appesa al muro, la fotografia di un comune lucano. E giù altro fiele: “Ma come fai a vivere là? Tu di dove sei? Di che paese sei?”. “Di Potenza” è la risposta. “Di Potenza. Ma è una città Potenza, è un posto dove vivere? Ti ci vedi tu tra vent’anni qua?”. Affermazioni che vengono annotate, registrate. E segnalate poi al presidente della Regione Marcello Pittella e ai vertici di Total in una lettera per chiedere pubblicamente se le istituzioni le condividano.
Dapoto, contattato da ilfattoquotidiano.it, ridimensiona le sue esternazioni: “Ricordo quell’incontro ma francamente non di essermi lasciato andare a considerazioni così dure, di sicuro era una riflessione personale sulla difficoltà di vivere in questa regione, non il pensiero della società che qui ha messo sede. Nessuna dichiarazione ufficiale, io qui vivo e sono nato, questo ragazzo si era presentato qui dicendo che voleva fare una tesina, io l’ho accolto e gli ho dato documenti e report e spiegato molte cose. Gli avrò detto probabilmente che in questa realtà è più difficile vivere che in un’altra ma come si fa al bar, una confidenza. Sono molto dispiaciuto che sia stata mal compresa e forse strumentalizzata”.
Dal colloquio tra il portavoce di Total e lo studente, in ogni caso, escono due visioni. La prima è quella dei comunicati stampa e delle dichiarazioni a favor di microfono, quello di un rapporto idilliaco con una terra di cui, sul suo sito, esibisce il sostegno alla protezione della rara cicogna nera nel Parco di Gallipoli Cognato, ne celebra i paesaggi, “la cultura e l’orgoglio”. Finanzia con 600mila euro dal 2010 “attività di welfare” nei piccoli comuni di Corleto Perticara (2.500 abitanti), Gorgoglione (1.100 abitanti) e Guardia Perticara (570 abitanti). E poi le royalties, l’educazione ambientale nelle scuole, i finanziamenti di attività culturali e di welfare nei paesini del Texas d’Italia, una delle regioni più povere d’Italia secondo i dati Istat. La seconda si svela soltanto nel chiuso di una stanza: la visione predatoria e violenta della terra dalle cui viscere succhia la ricchezza.
Durante l’intervista c’è spazio per un consiglio letterario, “Stato di paura”, romanzo di Michael Crichton, in cui si accusa la lobby degli ambientalisti di creare strumentalmente dei disastri ecologici e i media di esagerarne le proporzioni. Dalla viva voce del communication manager: “Gli ambientalisti sono contro di principio su tante cose… È lo stato di paura creato da … sui temi ambientali. È un romanzo che ti fa capire che certi ambientalisti a volte…esagerano”. Bastano dieci secondi allo stratega della comunicazione di Total per invertire la logica, e fare degli ambientalisti il problema, e gliene restano altri per allertare: “Il lavoro fa male”.
Parole che suonano beffarde da queste parti, dove il lavoro fa davvero male, e non solo in senso figurato e con Total che fa la sua parte: secondo i 29 ricercatori del Cnr che firmano lo studio più importante mai realizzato sul Centro Oli di Viggiano, tra i lucani e gli abitanti di Viggiano e Grumento Nova “la mortalità e i ricoveri ospedalieri tra il 2000 e il 2014 sono superiori alla media regionale” e “all’aumentare dell’esposizione alle emissioni del Centro Oli aumenta il rischio di morte e/o di ricovero”. Quando lo studio fu svelato nel settembre 2017, l’Eni decise di rispondere preventivamente, con delle precisioni, due giorni prima della pubblicazione ufficiale del rapporto. Mentre sul sito della Total non vi è traccia di reazioni.
Ma c’è tempo anche per riscrivere la storia della transizione energetica lucana e mondiale: un tempo, racconta il manager di Total, “la Basilicata è stata disboscata per utilizzare la legna come fonte di energia … Le prime forme di illuminazione a New York utilizzavano l’olio di balena. Grazie al petrolio e al kerosene le balene sono vive! Questo non lo sanno gli ambientalisti!”. La stessa Total, probabilmente, avrebbe dei dubbi a riguardo e a riconoscersi nelle parole del suo uomo della comunicazione. Che all’ultimo è sfiorato dal dubbio d’aver detto troppo, perché congedandosi chiede allo studente in giornalismo se è giornalista. “Altrimenti ti trattavo da giornalista”.
Di Stefano Lorusso Salvatore e Thomas Mackinson