Nel 2012 litigano furiosamente, poi fanno la pace e diventano l'uno sponsor dell'altro anche sugli scenari internazionali per almeno tre anni, ovvero fino alla vittoria del No a referendum costituzionale. È l'inizio della fine, che diventa ufficiale con le parole dell'amministratore delegato, ma che si era già consumata nei mesi scorsi: decisivi i sondaggi negativi e il vento cambiato intorno all'ex Rottamatore
Renzi e Marchionne: un rapporto a fasatura variabile. Corrispondenza d’amorosi sensi quando il primo ha potere e consenso, acredine e indifferenza quando il secondo annusa l’inizio della fase discendente del primo. Che, a questo punto, ha davvero di che preoccuparsi. Perché le parole con cui Marchionne ha scaricato il segretario del Pd in piena campagna elettorale significano esattamente questo: il manager più importante d’Italia non ha interesse a sostenere il politico, non gli conviene più. L’ad di Fca lo ha detto chiaramente, dal salone dell’auto di Detroit, uno degli appuntamenti più importanti dell’anno. Dichiarazioni e luogo non casuali: “L’uomo che appoggiavo non si vede da tempo”. I primi scricchiolii appena un mese fa: “Renzi? Non so neanche se si candidi. Noi siamo filogovernativi. Vorrei qualcuno che gestisca il Paese e una tranquillità economica nel contesto in cui operiamo. Sono cose essenziali“. Due indizi fanno una prova: fine dell’appoggio di Fca, una mazzata che a due mesi scarsi dalle elezioni rischia di essere una sentenza sui propositi di vittoria dei dem e del loro leader. Che, per dirla con Marchionne, evidentemente al momento non ha un profilo o aspirazioni “filogovernative“. Insomma: per l’ad Fiat il vento è cambiato, quindi occorre riposizionarsi.