Su quei 2mila euro per saltare le liste d’attesa in ospedale, evocati da un primario padovano con una giornalista della trasmissione Petrolio di Rai Uno, adesso indagano tutti: la procura di Padova, la Corte dei Conti di Venezia, la Regione Veneto, l’Azienda ospedaliera, l’università di Padova e l’Ordine dei medici. Un ingorgo. Sono bastati pochi minuti di registrazione audio-video, andati in onda sabato scorso, per scatenare un putiferio.
Al centro dello scandalo il professor Pietro Litta della Clinica di ginecologia e ostetricia dell’Azienda ospedaliera, che aveva ricevuto la paziente-provocatrice non nella struttura pubblica, bensì nella clinica privata Città di Giardino. Lui si difende dicendo di essere vittima di un complotto e che comunque il riferimento al denaro era stato fatto “informalmente”, chiacchierando sulle scale con la donna che chiedeva di essere operata per la chiusura delle tube durante le vacanze natalizie. La giornalista conferma che la presentazione del servizio corrisponde all’andamento dei fatti e che il montaggio non ha alterato il contesto delle parole del medico.
II procuratore capo Matteo Stuccilli ha aperto personalmente un fascicolo, con l’ipotesi di concussione, seppur non consumata. Come primo atto ha ordinato che vengano acquisiti i filmati, non solo la parte andata in onda, ma tutto quanto è stato girato e registrato di nascosto. Solo dall’esame integrale del materiale sarà possibile ricostruire il dialogo completo che si è svolto tra la giornalista Francesca Biagiotti e il dottor Litta. Dopo aver visto in anticipo la registrazione nello studio di Petrolio assieme al conduttore Duilio Giammaria, Raffaele Cantone, presidente dell’Anac, l’Autorità nazionale anticorruzione, aveva commentato: “Ma questa è una classica concussione”. La giornalista, il medico e tutte le persone coinvolte nella registrazione saranno interrogate. Tra queste anche il centralinista del Cup che aveva indirizzato la paziente allo studio privato di Litta, dopo però che la giornalista ne aveva fatto il nome.
Dal servizio emergeva anche il comportamento della ginecologa Alessandra Andrisani, nominata da appena un mese a capo del Centro di procreazione assistita di Padova. Alla finta paziente avrebbe offerto uno sconto di 40 euro sulla visita, purché rinunciasse alla ricevuta. In quel caso, il costo sarebbe stato di 180 auro. Ma in questo caso si potrebbe profilare una evasione fiscale e non un reato penale. Un’inchiesta è stata però avviata anche dalla procura della Corte dei Conti di Venezia. “Il mio timore è che non si tratti di un caso isolato, anche se mi auguro non lo sia. Qualora il danno erariale venisse accertato, le conseguenze sarebbero molto dure”, è il commento del procuratore capo Paolo Evangelista. Al risarcimento per le utilità percepite si aggiungerebbe una somma di importo doppio per danno d’immagine.
Intanto il direttore generale dell’Azienda ospedaliera, Luciano Flor ha sospeso da subito sia Litta che la Andrisani entrambi dall’esercizio della libera professione, ossia con la revoca dell’autorizzazione che consente loro di lavorare a pagamento fuori dall’ospedale. Possono, invece, lavorare nella Clinica ostetrico-ginecologica. “Li abbiamo convocati e ascoltato la loro versione, dovranno consegnarci una relazione scritta. I fatti erano gravi, e gravi rimangono”, ha spiegato FLor. Della vicenda si occuperà anche il Comitato dei Garanti, la cui opinione è vincolante per eventuali ulteriori decisioni.
Essendo entrambi i medici dipendenti dell’università, il rettore Rosario Rizzuto ha aperto un’indagine disciplinare che intende “far luce sulla vicenda nel più breve tempo possibile e assumere i provvedimenti conseguenti”. Ad occuparsene sarà il Collegio di disciplina, cui spetta l’istruttoria. Gli interessati, che saranno assistiti da avvocati, saranno convocati e invitati a fornire la loro versione dei fatti. L’università in una nota afferma che “sulla base del filmato trasmesso da Petrolio e successive inchieste giornalistiche, viene attribuito a due docenti dell’Università di Padova un comportamento professionale fortemente lesivo, non solo dei diritti dei cittadini, ma anche dei valori e dell’immagine dell’Ateneo”.
Naturalmente la Regione Veneto ha incaricato i propri ispettori di ricostruire la vicenda. A indignarsi era stato il governatore Luca Zaia, annunciando subito che avrebbe presentato una denuncia all’autorità giudiziaria. Una tegola per il professor Litta è venuta da una dichiarazione della clinica Città giardino. “Non esiste alcun tipo di contratto tra noi e il professor Litta. In attesa di ogni chiarimento, ogni attività del professor Litta è sospesa – scrive il direttore generale Luca Siliprandi – La clinica ha, invece, in essere un accordo sottoscritto con l’azienda ospedaliera di Padova per l’attività di ginecologia da parte di specialisti messi a disposizione dall’azienda ospedaliera stessa. La chiusura delle tube non rientra tra gli interventi previsti dal predetto accordo”. Quindi quell’intervento non poteva interessare la struttura privata.