Si sapeva da un pezzo, ma la cosa è venuta fuori sui giornali solo adesso. L’anno scorso, a luglio, la Cina aveva detto chiaramente che avrebbe bloccato l’importazione di plastica da rifiuti dall’Europa a partire dal 2018. Lo ha detto e lo ha fatto. Ufficiosamente, si sa che l’Unione europea ha cercato in tutti i modi di convincere i cinesi a rimangiarsi la loro decisione. Si sa anche che i cinesi hanno risposto gentilmente che andassero a stendere. In effetti, non si vede perché i cinesi dovrebbero prendersi all’anima di gestire i rifiuti dell’Europa. Hanno già i loro che gli danno abbastanza problemi. Se avete un momento, guardatevi il trailer di Plastic China e capirete cosa intendo dire per “problemi” (incidentalmente, questo vale non solo per la plastica, ma per tanti altri tipi di rifiuti dove la Cina si sta muovendo per cessare di essere la pattumiera del mondo occidentale).
Così, siamo ufficialmente alla crisi: la plastica di scarto si accumula e non sappiamo cosa farne. E’ un problema che viene fuori in tutta Europa. In Italia, ci siamo spesso vantati della nostra capacità di fare raccolta differenziata, per certi versi superiore a quella di altri paesi europei. Ma quando si parla di raccolta differenziata, ci si dimentica quasi sempre di dire che non è la stessa cosa di riciclo dei rifiuti. Se il differenziato non va a un impianto che lo rimette in circolo come “materia seconda” allora siamo soltanto a dare una spennellatura di verde a una cosa che verde non è. E, putroppo, mandare i rifiuti in Cina non è la stessa cosa di riciclarli: se ne ricicla, si, una frazione, ma non tutto e la grande massa viene bruciata o buttata in discarica producendo problemi ambientali spaventosi.
E ora? Siamo all’emergenza. L’Europa cerca disperatamente di correre ai ripari con una serie di misure. Trovate i dettagli al comunicato stampa dell’Unione europea. Si parla di misure restrittive per le plastiche usa-e-getta, di misure contro l’”iperimballaggio”, obbligo di usare plastiche biodegradabili e altre cose. Sono misure complessivamente intelligenti, ma con diversi problemi. Il principale è che arrivano ora, quando il disastro è ormai in pieno sviluppo. E’ una “direttiva” dell’Unione europea che dovrà poi essere trasferita nelle legislazioni nazionali, e questo richiederà tempo. Poi, non sono veramente misure drastiche – ci voleva qualcosa di più, per esempio una seria tassa sugli imballaggi. Ma si è visto recentemente che queste misure sono quasi impossibili in certi paesi dove la gente vuole allo stesso tempo l’aria pulita e i sacchetti di plastica gratis.
In ogni caso, se vogliamo vedere la cosa in modo positivo, è una buona occasione per fare delle pulizie molto necessarie a casa nostra. E’ anche una buona occasione per smetterla con misure cosmetiche che servono soltanto a metterci in grado di farci reciproche congratulazioni per quanto siamo bravi: la raccolta differenziata da sola non basta. Ma se vogliamo fare qualcosa di serio per andare verso l’economia circolare, qualcuno dovrà anche dire pubblicamente che è una direzione che implica dei costi. Non si va in nessun posto se non si riducono drasticamente i consumi di plastica e nemmeno se si fa un caso nazionale di una tassa di 2 centesimi al sacchetto.
Se vogliamo vedere la cosa in modo negativo, invece, ci sarà senza dubbio qualcuno che utilizzerà questa disgraziata vicenda come una buona scusa per spingere di nuovo sugli inceneritori e al diavolo la salute della popolazione e la necessità di riciclare e risparmiare sulle materie prime. Aspettatevelo a breve scadenza. E così vanno le cose in un mondo in cui non si riesce a fare nulla se non sotto la spinta delle emergenze.