Il processo sulla Trattativa tra pezzi delle Istituzioni e Cosa nostra? “Il tribunale di Palermo non può processare lo Stato“. La procura del capoluogo siciliano? “Nel suo comportamento ci sono profili eversivi“. L’imputato Mario Mori? “È un eroe, vittima di tortura giudiziaria, una tortura che deve avere un limite”. Vittorio Sgarbi sembra essere tornato indietro di venticinque anni, ai tempi in cui dava degli “assassini” ai magistrati di Milano e Palermo in diretta televisiva. Adesso, però, il critico d’arte non conduce più Sgarbi Quotidiani su Canale 5. Al contrario è tornato a ricoprire un incarico politico: da alcune settimane è il nuovo assessore ai Beni culturali della Regione Siciliana. Su cosa si sta concentrando l’esponente del governo di Nello Musumeci? Teatri e musei? Anche.

Ma soprattutto Sgarbi ha deciso di aprire le porte dell’Assemblea regionale siciliana a Mario Mori e Giuseppe De Donnoi due carabinieri imputati al processo sulla Trattativa tra pezzi dello Stato e Cosa nostra, attualmente in corso a Palermo e ormai arrivato alle battute finali. Insieme al presidente dell’Ars, Gianfranco Micciché, l’ex sindaco di Salemi ha infatti organizzato la proiezione del film “Generale Mori – Un’Italia a testa alta” di Ambrogio Crespi. Un evento che aveva subito scatenato polemiche. Ulteriormente amplificate nel giorno della proiezione del docufilm. Il motivo? Gli attacchi lanciati da Sgarbi ai magistrati della procura di Palermo che stanno celebrano il processo sulla Trattativa.

“Il Tribunale di Palermo non può processare lo Stato, processi pure la mafia. Nel comportamento della Procura ci sono profili eversivi“, dice l’assessore ai Beni culturali, che definisce Mori “un eroe, vittima di tortura giudiziaria, una tortura che deve avere un limite”. Secondo Sgarbi, tra l’altro, l’idea di invitare due imputati del processo Trattativa all’Ars mentre lo stesso procedimento è in corso “non è una provocazione, non si parla male di nessuno, ma si ricostruisce la verità di quello che è successo in quegli anni”. Per Micciché, addirittura, “questo documentario dovrebbe essere portato nelle scuole”. 

Non la pensa così, Claudio Fava, ex vicepresidente della commissione Antimafia ora deputato regionale in Sicilia, che ha convocato una conferenza stampa subito dopo la proiezione del documentario. “”Il film su Mori è agiografico, è un coro di violini e un tintinnar di medaglie. Ci spieghi Mori piuttosto perché quando quindici anni fa era a capo del Sisde firmò il protocollo farfalla per accedere, segretamente e senza che la magistratura sapesse nulla, nelle carceri per prendere informazioni dai detenuti al 41 bis, pagandole”. Il riferimento dell’esponente di Mdp è per l’accordo segreto che portava denaro nelle casse dei boss stragisti detenuti in cambio d’informazioni provenienti direttamente dal ventre molle di Cosa Nostra.

Fava poi replica agli attacchi di Sgarbi nei confronti dei pm. “Non mi scandalizzano e non me ne frega nulla delle opinioni che esprime Sgarbi come libero cittadino, ma quando in qualità di assessore della Regione parla di eversiva insubordinazione espone la Regione e l’Assemblea. A Musumeci dico: ritiene ancora a lungo di tollerare le espressioni fantasiose di Sgarbi?”. Reagisce alla condotta dell’assessore ai Beni culturali anche Selima Giuliano, la figlia di Boris Giuliano, il dirigente a Squadra mobile di Palermo ucciso dalla mafia nel 1979.  “Noi siciliani – dice la figlia del poliziotto assassinato – non siamo più disposti a tollerare chiunque ci venga a spiegare chi sono gli eroi. Ci sentiamo offesi, perché tutto questo offende la storia, la memoria e pure la nostra speranza”.

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