Non è “irragionevole“, nell’attuale contesto e allo stato “delle condizioni epidemiologiche e delle conoscenze scientifiche”, l’intervento del legislatore che “ha ritenuto di dover rafforzare l’obbligo degli strumenti della profilassi vaccinale”. Ma “nulla esclude che, mutate le condizioni, la scelta possa essere rivalutata e riconsiderata“. È quanto si legge nelle motivazioni della sentenza con cui il 21 novembre scorso la Consulta ha bocciato il ricorso presentato dalla Regione Veneto contro la legge che impone le vaccinazioni per l’iscrizione a scuola. Dato il calo delle coperture vaccinali, “la scelta del Parlamento” di introdurre l’obbligo per 10 vaccini “non può essere censurata sul piano della ragionevolezza per aver sacrificato la libera autodeterminazione individuale”. Una scelta che, dicono le motivazioni depositate oggi, “le Regioni sono vincolate a rispettare“.
La Consulta ricorda che “poiché tutte le vaccinazioni in esame erano già previste nei calendari vaccinali, nessuna di esse è propriamente nuova: nuovi sono, invece, solo gli obblighi e le misure, anche sanzionatorie, destinate a renderli effettivi”. Infine, la Corte nota che “negli anni più recenti, si è assistito al diffondersi della convinzione che le vaccinazioni siano inutili, se non addirittura nocive: convinzione, si noti, mai suffragata da evidenze scientifiche, le quali invece depongono in senso opposto. Anzi, paradossalmente, proprio il successo delle vaccinazioni, induce molti a ritenerle erroneamente superflue, se non nocive: infatti, al diminuire della percezione del rischio di contagio e degli effetti dannosi della malattia, in alcuni settori dell’opinione pubblica possono aumentare i timori per gli effetti avversi delle vaccinazioni”.
Quanto alle sanzioni previste per le famiglie che non rispettano l’obbligo imposto dal decreto Lorenzin, secondo i giudici è stato preservato “un adeguato spazio per un rapporto con i cittadini basato sull’informazione, sul confronto e sulla persuasione: in caso di mancata osservanza dell’obbligo vaccinale, si prevede un procedimento volto in primo luogo a fornire ai genitori ulteriori informazioni sulle vaccinazioni e a sollecitarne l’effettuazione.
Motivazioni che “confermano la ragionevolezza della legge e come l’intervento fosse necessario” scrive su Twitter il ministro della Salute Beatrice Lorenzin. Le questioni sottoposte alla Corte costituzionale non mettevano in discussione l’efficacia delle vaccinazioni ma la loro obbligatorietà, sospesa dalla Regione Veneto con una legge del 2007 che aveva introdotto un sistema di prevenzione delle malattie infettive basato solo sulla persuasione. La Corte ha dichiarato non fondate tutte le questioni prospettate.
Il ricorso al giudice delle leggi era stato annunciato il 13 giugno dal presidente della Regione Luca Zaia: “Non lo facciamo perché siamo contro i vaccini”, spiegava il governatore, ma perché il decreto “va addirittura oltre l’obbligatorietà, con misure coercitive“. La Regione faceva poi un ulteriore passo avanti nella battaglia il 4 settembre, quando il direttore generale della Sanità del Veneto Domenico Mantoan aveva varato una moratoria del divieto di iscrizione fino all’avvio dell’anno scolastico 2019-20 per i bambini da 0 a 6 anni che non fossero stati sottoposti a immunizzazione.
Soli tre giorni più tardi sull’atto di “disobbedienza civile” era arrivato il dietrofront dello stesso Zaia. Il 26 settembre anche il Consiglio di Stato aveva dato torto alla Regione ribelle: “Si è chiarito – si leggeva nella nota con cui i giudici amministrativi argomentavano il parere richiesto dalla stessa amministrazione Zaia – che, già a decorrere dall’anno scolastico in corso, trova applicazione la regola secondo cui, per accedere ai servizi educativi per l’infanzia e alle scuole dell’infanzia, occorre presentare la documentazione che provi l’avvenuta vaccinazione”.