Dieci punti destinati a far discutere il pianeta istruzione diviso tra chi vorrebbe il divieto assoluto dell’uso come in Francia e chi pensa che possano essere un’opportunità se cambia il modo di fare lezione. In cantiere anche altre due novità: il curriculum di educazione digitale e il coding
Benvenuto cellulare. A dare la benedizione ufficiale al telefonino e al tablet in classe è la ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli che a Bologna, in occasione di “Futura” la tre giorni dedicata al piano nazionale digitale, ha approvato il decalogo per “l’uso dei dispositivi mobili” elaborato dal gruppo di lavoro nominato dal ministero nei mesi scorsi. Dieci punti destinati a far discutere il pianeta istruzione diviso tra chi vorrebbe il divieto assoluto dell’uso dei cellulari come in Francia e chi pensa che possano essere un’opportunità se cambia il modo di fare lezione. Da oggi le regole ci sono: dieci punti di riferimento che ogni insegnante e ogni dirigente dovrà tenere in considerazione. Tra questi alcune disposizioni vincolanti.
Ogni scuola dovrà avere un regolamento sull’uso del cellulare. Nessun professore può pensare di fare di testa sua. La commissione non vuole improvvisazione: “Bisogna insegnare – scrivono gli esperti al punto due del decalogo – a usare bene e integrare nella didattica quotidiana i dispositivi, anche attraverso una regolamentazione. Proibire l’uso a scuola non è la soluzione. Ogni scuola adotterà una Politica di Uso Accettabile delle tecnologie digitali”. Ecco il nuovo acronimo, PUA, a cui i presidi dovranno abituarsi ed adeguarsi.
Al punto tre il richiamo è all’uso del wi-fi. I ragazzi non potranno e non dovranno usare una propria connessione ma sarà la scuola a metterli nelle condizioni di lavorare sui dispositivi. Gli istituti “dovranno fornire, per quanto possibile, i necessari servizi e l’indispensabile connettività favorendo un uso responsabile” dei cellulari e dei tablet. La commissione non a caso ha esplicitato “per quanto è possibile” dal momento che in molte aule wi-fi e banda larga sono solo un sogno.
Tra i “dieci” comandamenti digitali del Miur c’è anche una chiara sottolineatura sullo scopo dell’uso dei cellulari: “È la didattica che guida l’uso competente e responsabile dei dispositivi”. Tant’è che al punto otto si chiede “responsabilità” ai ragazzi. Tradotto: non si potrà fare quel che si vuole. “Dal 2007, quando il Ministro Fioroni firmò la circolare che dava linee di indirizzo sull’uso dei telefonini durante l’attività didattica, molte cose sono cambiate, in termini di tecnologia e di uso dei dispositivi. Evidentemente resta inibito, come stabilito da quella circolare, l’uso personale – spiega Fedeli – di ogni tipo di dispositivo in classe, durante le lezioni, se non condiviso con i docenti e a fini didattici”. Nel decalogo si chiarisce anche chi conduce il “gioco”: “Sta ai docenti decidere come introdurli. Sono loro che ne promuovono l’uso nei modi e nei tempi che ritengono più opportuni”. E al punto otto gli esperti aggiungono: si dovranno “mantenere separate le dimensioni private dal pubblico”. Infine una mano tesa alle famiglie: “Le tecnologie digitali devono essere funzionali a questa collaborazione”.
E da Bologna arrivano altre due novità che faranno discutere. La prima: il curriculum di educazione civica digitale dove “per educazione civica digitale – ha chiarito la Fedeli – non intendiamo una riconversione dell’educazione civica ai tempi del digitale”. La seconda: il coding. D’ora in poi il pensiero computazionale e la programmazione informatica entreranno strutturalmente negli ordinamenti scolastici.