La Cassazione ha respinto il ricorso della coppia e ha confermato l'adottabilità del bambino nato dalla relazione tra i due. Il pg aveva chiesto di lasciarlo crescere con i nonni: "I figli non si tolgono nemmeno ai mafiosi", aveva sostenuto. Ma i giudici: "Agì consapevole della gravidanza"
“Era consapevole della gravidanza” mentre rovinava la vita di un ragazzo ed è escluso “che lei possa garantire al bambino uno sviluppo psicofisico sereno ed equilibrato negli anni più delicati per la sua crescita”. Anche per questo motivo la Cassazione, ricordando le motivazioni dei giudici della corte d’Appello di Milano, ha respinto i ricorsi di Martina Levato e Alexander Boettcher, la coppia responsabile delle aggressioni avvenute con l’acido a Milano. La Cassazione ha confermato l’adottabilità del bambino nato dalla relazione tra i due. La legale della donna ha annunciato che farà ricorso alla Corte Europea dei diritti umani.
Respinto anche il ricorso dei nonni: “Inidonei”
I giudici della Suprema Corte hanno respinto anche i ricorsi dei nonni materni del bambino che si proponevano come adottanti, dando torto, di fatto, al procuratore generale. “I figli non si tolgono nemmeno ai mafiosi perché ogni bambino ha diritto a crescere nella famiglia dove è nato”, aveva spiegato il pg durante l’udienza chiedendo di permettere ai nonni di adottare il bambino e lasciarlo quindi nella famiglia biologica. “Anche se Alexander Boettcher e Martina Levato sono responsabili di crimini raccapriccianti, dare in adozione il loro figlio equivarrebbe a una non consentita operazione di genetica familiare, come se il piccolo fosse nato con una macchia. I nonni materni sono idonei a crescerlo e ne hanno diritto di crescerlo”, aveva sostenuto la procuratrice Francesca Ceriani. La conferma dell’adottabilità era invece stata chiesta dal Comune di Milano. A dicembre Boettcher è stato condannato in via definitiva a 14 anni di carcere, mentre a luglio era stato condannato in appello ad altri 23 anni, per aver sfigurato con l’acido anche Stefano Savi e per aver tentato di sfregiare allo stesso modo anche il fotografo Andrea Carparelli. Martina Levato, invece, è stata condannata in totale a 20 anni.
I giudici: “Escluso possa garantire al bambino sviluppo sereno”
I supremi giudici in 13 pagine respingono le lamentele della donna che ha intrapreso un percorso positivo di riabilitazione ed è considerata una persona diversa da quella che insieme all’amante mise in atto un piano di aggressioni contro uomini con cui aveva avuto rapporti sessuali per purificarsi. Per i magistrati sono infatti “gravissimi” i “comportamenti delittuosi posti in essere dalla Levato con in grembo il piccolo, essendo lei consapevole della gravidanza”. Senza contare “le anomalie del carattere e della personalità della madre (oltre che del padre), sebbene non integranti patologie psichiatriche definite” e i conseguenti “negativi effetti sulla sua capacità genitoriale, escludendo che lei possa garantire al bambino uno sviluppo psicofisico sereno ed equilibrato negli anni più delicati per la sua crescita”.
Sempre ricordano le valutazioni dei giudici di merito gli ermellini hanno evidenziato “i disturbi psicologici” della donna, a cui il bimbo fu tolto subito dopo il parto, tra cui elencano “la sua immaturità, l’esaltazione narcisistica del proprio io, l’assenza del bambino dalle proprie riflessioni e preoccupazioni e, in sostanza, la mancanza di un autentico cambiamento di vita, che avrebbe richiesto necessariamente la presa di coscienza della gravità dei propri comportamenti e il pentimento, all’esito di un percorso doloroso che non è stato riscontrato”.
Tempi di attesa non sono compatibili con esigenze del bambino
I giudici hanno però riconosciuto che c’è in atto “un percorso terapeutico che potrebbe condurla ‘in futuro’ ad una maturazione della propria personalità e ad acquisire le competenze necessarie per sviluppare un rapporto equilibrato con il figlio, ma i tempi di attesa di questa auspicabile evoluzione non sono compatibili con le pressanti esigenze di un bambino dell’età di suo figlio”. Anche la lunga durata le condanne di detenzione ha inciso sulla decisione della Corte: Martina dovrà infatti scontare un totale di 20 anni di carcere, mentre il suo ex amante Boettcher ha accumulato condanne complessive pari a 37 anni. E richiamando il principio secondo cui prevale il bene e il benessere del bambino il piccolo è stato dichiarato adottabile. Fuori da questa possibilità anche i nonni che secondo i giudici “non hanno dimostrato una reale presa di coscienza delle atrocità delle condotte della figlia, come accertato dai consulenti tecnici e dagli operatori all’esito di 46 incontri, dai quali è emersa nelle loro personalità una significativa fragilità emotiva di tipo narcisistico”. Delusi i legali: “La Cassazione dovrebbe essere la massima garante sul rispetto della legge; siamo amareggiati – dice Massimiliano Gabrielli, avvocato della nonna materna – nel constatare che invece la decisione va decisamente contro lo spirito della legge 184 sulla adozione e l’opinione della procura generale: il primo diritto del minore è restare nell’ambito della sua famiglia, mentre la sentenza parla di tutela contro la storia criminale dei genitori; la procura di Milano ha subito elevato dei muri attorno al bambino per allontanare i nonni che invece sono due insegnanti e hanno fatto l’impossibile per prendersi cura del nipote. Una vera operazione di pulizia genetica e un passo indietro nella civiltà giuridica del nostro Paese”. Anche la nonna paterna non è stata considerata idonea per la mancanza di “un atteggiamento critico e distacco dai comportamenti delittuosi del proprio figlio che ha continuato a difendere“.