Ciò che colpisce è il numero impressionante di parrocchiane che hanno avuto una relazione con il prete. Tutte donne mature, molte di loro con una matrimonio fallito alle spalle. Sono finite nelle braccia del parroco, anzi di due parroci della Diocesi di Padova. Si è chiusa l’inchiesta che ha preso avvio un anno fa dal sequestro di gadget erotici nella canonica di San Lazzaro, alla periferia della città, la casa di don Andrea Contin, protagonista di uno scandalo a sfondo sessuale senza precedenti. Il pubblico ministero Roberto Piccione ha depositato gli atti a disposizione dell’indagato che ora dovrà decidere se presentare prove a discarico e chiedere di essere interrogato. La richiesta di rinvio a giudizio appare scontata.
Ma non riguarderà il reato di favoreggiamento della prostituzione, che aveva costituito una delle ipotesi investigative. Il pm chiederà l’archiviazione. A don Contin saranno contestati, invece, episodi di violenza privata aggravata e minacce aggravate. Un quadro ridimensionato? Non pare proprio, perché il magistrato sembra dar credito agli episodi denunciati e confermati da riscontri. Non c’è invece la prova che il sacerdote costringesse almeno una delle sue amanti ad avere rapporti sessuali con altre persone dietro il pagamento di somme di denaro, anche se il sospetto rimane. L’immagine del parroco di San Lazzaro che emerge dalle carte dell’inchiesta è quella di un uomo violento, che picchiava le sue amanti. In qualche occasione è arrivato al punto di minacciarle puntando loro un coltello alla gola. Da mesi è stato sospeso “a divinis” dal vescovo di Padova, Claudio Cipolla, che in passato ha dichiarato: “Questa dolorosissima e umiliante vicenda ci ha esposti alla vergogna di tutto il mondo”.
La vita sessuale di don Contin era a dir poco intensa. Dai verbali emerge che le amanti, tutte della parrocchia, sono state almeno una ventina. Di molte di loro esistono registrazioni video che le immortalano nel corso di focosi amplessi, se non addirittura orge, anche con trans e uomini di colore. Le cassette erano catalogate nella biblioteca con il nome dei papi sulla copertina.
Soltanto nella veste di testimone appare, invece, il secondo prete, don Roberto Cavazzana, di Carbonara di Rovolon. Il suo nome era stato fatto agli inquirenti da una donna di 49 anni, amante di don Contin. Era stato quest’ultimo e presentarglielo. Non si trattò di un caso isolato, visto che dai verbali emerge come anche il secondo sacerdote avesse molte amanti. Almeno tredici. Ma questa vicenda rimane ai margini rispetto alle accuse di violenza privata per don Contin. Inizialmente sembrava che il numero di religiosi coinvolti fosse maggiore, perché alcune donne avevano raccontato della presenza di numerosi uomini agli incontri intimi in canonica. Ma non c’è la prova che si trattasse di preti.
L’inchiesta ha preso avvio dalla denuncia di una delle amanti deluse. Fu lei a svelare la doppia vita di don Contin. Nel settembre 2016 aveva spedito un esposto in Curia. Siccome non era accaduto nulla – segno che i vertici della Diocesi avevano ritenuto quei racconti fantasiosi – si era rivolta ai carabinieri. E pochi giorni prima del Natale 2016 ecco la perquisizione in canonica con sequestro degli oggetti erotici.
Gli episodi contestati sono cinque. Il più remoto risale alla fine del 2012 e avvenne nella cucina della canonica di San Lazzaro dove la donna sarebbe stata minacciata di morte con un coltello puntato alla gola. Poi era stata buttata a terra, colpita a pugni e calci. La prognosi di guarigione indicata da un certificato medico fu di tre mesi. Gli altri episodi ebbero, stando alla versione dell’accusa, una dinamica molto simile. In Curia arrivò nel 2015 la segnalazione di un’altra donna, che anche in quel caso non ebbe seguito. L’inchiesta non è riuscita ad accertare dove don Contin trovasse i soldi per condurre una vita molto dispendiosa. Viaggiava in Jaguar e si permetteva viaggi e soggiorni in alberghi di lusso. Da dove veniva il denaro? I finanzieri hanno cercato inutilmente degli ammanchi nei conti di Casetta Michelino, una struttura sanitaria di cui don Contin era presidente. Resta quindi l’ipotesi che siano il ricavo delle elemosine.