Politica

Abolire le tasse universitarie, la vera uguaglianza si vede da qui

Durante una maratona di Mentana su La 7, in occasione delle elezioni politiche in Gran Bretagna un ospite (in)esperto, un ex dalemiano passato poi, come molti comunisti, a destra, realizzando finalmente la sua vera vocazione di sempre, partorì una riflessione che molti commentatori ripeterono anche sui giornali. Non so se per lodarlo o per denigrarlo, fu trovata una delle ragioni dell’affermazione elettorale di Corbin proprio nelle critiche energiche al pazzesco costo delle università inglesi. In Inghilterra, come altrove, il divario di reddito tra ricchi e poveri è aumentato a dismisura. E noi in Italia non siamo secondi a nessuno. Tasse universitarie così care comportano l’annullamento del diritto allo studio. Corbin ne ha fatto una bandiera, e il nostro ospite televisivo non trovò di meglio che dire che eravamo di fronte alla “rinascita del marxismo”. Lo so che la disinformazione di massa è talmente diffusa che non ci si fa più caso. E qualunque scemenza trova il suo spazio e i suoi imitatori. Ma recenti proposte elettorali rendono necessario un chiarimento.

Il diritto allo studio è il principale strumento del welfare state, dello Stato sociale, che è il frutto più maturo delle politiche lib-lab nate proprio in Inghilterra nel secondo dopoguerra. Si trattò, e si tratta, del più serio tentativo per cercare di rimediare alle disuguaglianze più vergognose. Sono passati decenni, l’Inghilterra ha comunque conservato un certo welfare efficiente, ma come dimostrano Corbin e il voto, gli inglesi lo considerano, a ragione, insufficiente. In Italia, Pietro Grasso forse ha sbagliato i tempi e soprattutto i modi (non ha spiegato troppo e non ha iscritto la sua proposta in una cultura politica che non è assolutamente massimalista, utopistica o improvvisata, e quindi è sembrata estemporanea). Ma la sua tesi di abolizione delle tasse universitarie è molto fondata. Purtroppo questa campagna elettorale si svolge in un contesto di bufale a mitraglia creato da Berlusconi, Renzi e Di Maio. Superando ogni livello di ridicolo. Non credo che si possa discutere seriamente in questo clima.

Riportiamo il tema coi piedi per terra. Molti critici hanno sbeffeggiato Grasso per la mancata indicazione della copertura finanziaria. Come se gli altri competitori lo avessero fatto. Ma soprattutto non si è capito che una proposta di questo tipo non può essere paragonata a una boutade elettoralistica, bensì – se chi l’ha proposta ci crede davvero – è la pietra miliare di una rivoluzione, di una concezione politica che è l’opposto di quelle che da destra come da centrosinistra hanno ridotto il Paese in un marciume intollerabile. Lasciamo perdere la Destra (che in Italia ha solo versioni delinquenziali e demagogiche), ma la Sinistra non si presenta meglio, intrisa com’è di residui di subculture fondate sul paternalismo , sulla concessione caritatevole o clientelare, sul buonismo, sul massimalismo, sul settarismo. Non sulle regole, sui diritti e sulla realizzazione di questi. La sinistra italiana purtroppo non è davvero pluralista, è distante mille miglia dalla civiltà liberale, non la conosce ed è incapace di conviverci.

Il vecchio Einaudi, nello scritto che qui riportiamo, insiste sull'”ascensore sociale”, cioè sulla necessità che tutti abbiano la possibilità di superare la prigione sociale in cui sono nati e possano esprimere tutta la loro potenzialità. È questa l‘idea della vera uguaglianza. Altro che marxismo. Il laburismo inglese, insieme con quello nordico, è la forza politica che, facendo suoi i progetti liberali, ha fatto più passi avanti in questa direzione. E il welfare o è universalistico o non è. Ed è fuorviante ridurre il problema alle risorse. Le risorse esistono, è solo questione di scelte e di gerarchia di spesa.

Certo che in Italia i problemi sono più gravi. L’Università, massacrata da Luigi Berlinguer e da Mariastella Gelmini, è allo sfascio. Le riforme, passo passo, vanno assieme, altrimenti è inutile che l’ascensore porti tutti al piano Università, se questa non sa aggiungere nulla alle capacità critiche e al bagaglio di conoscenze. Ugualmente tutto è da discutere, se l’assenza delle tasse possa bastare, se ci voglia una copertura per i libri, per la permanenza fuorisede ecc.. Tutto si deve legare al merito. Altrimenti rimaniamo alle elemosine renziane.

Ma prima di tutto bisogna avere idee chiare e ferme sul modello di società che si vuole. Ed essere credibili nel proporle.

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