La conquista di Roma non è mai stata un’impresa facile per nessuno. E’ vero, storicamente per farlo (o almeno provarci) bisognava mettere insieme un potentissimo esercito, come fece Annibale (senza riuscirci), o come fece Attila, che pur sbaragliando i romani nella sua travolgente avanzata, appena giunto nei pressi di Roma… fiutò al volo i guai in cui si stava cacciando e fece rapidissima retromarcia verso i patrii lidi.
In tempi molto più recenti persino il gloriosissimo esercito alleato, sbarcato ad Anzio senza colpo ferire, ci pensò due volte prima di avanzare diritto verso la vicina Roma già abbandonata mesi prima dal re fascista, ma subito occupata dalle truppe ariane del perfido dittatore razzista. E quella titubanza costò assai cara ai liberatori anglosassoni.
Quasi cinquant’anni dopo invece la conquista di Roma, benché inaspettata, è risultata di facilità pressoché irrisoria ad un cavaliere milanese di nome Brancalusconi armato solo di fanfaluche e televisioni.
Sono i miracoli della democrazia. Ma quel cavaliere seguiva una precisa logica: se sei così bravo nel marketing da convincere la gente a comprare qualunque boiata che vede in televisione, perché non dovresti riuscire a convincerla a fare una cosa infinitamente più semplice e che non costa nulla (apparentemente) come quella di fargli mettere una crocetta sul tuo nome già stampato sulla scheda elettorale? E c’è una precisa tecnica per riuscirci. Benché ormai sia vecchia, la tecnica di ripetere all’infinito in televisione che tu e i tuoi accoliti siete i benefattori mentre gli avversari sono degli “sfigati”, o peggio, dei truffatori, funziona ancora, basta scegliere i momenti e i programmi giusti. Se poi si unisce a te il “celestiale” coro delle prefiche osannanti (adeguatamente retribuite) il messaggio diventa un’orazione e riesce a toccare il cuore anche degli elettori solitamente considerati “svegli”, oscurando la loro mente.
Detto, fatto! Lui ci ha provato raccontandone di tutti i colori in televisione e inviando a tutti il suo personalissimo fotoromanzo (edulcorato profondamente per far sognare tutti ad occhi aperti). Ai fedeli di Santa Madre Chiesa ha raccontato di essere l’Unto, ai socialisti di aver visto il sole nascente illuminarsi ai suoi piedi, ai liberali di saper costruire la diga che ferma l’orrenda onda comunista, ai mercanti ha insinuato astutamente l’invidia dei suoi soldi, ai giovani e meno-giovani fancazzisti (oggi si dice così) è bastato riempire il piccolo schermo di ballerine semisvestite e ammiccanti per stenderli nel sogno vanesio di facili conquiste. E ha vinto. Non da solo, beninteso, ma alleandosi con chi, come lui, non sarebbe mai riuscito a vincere da solo.
Le alleanze hanno un costo, questo vale anche in politica, ma lui era un grande imprenditore e sapeva benissimo che quel prezzo si paga in poltrone e le poltrone, benché costosissime per i contribuenti, le pagano i cittadini, mica lui.
E’ andata avanti così vent’anni, dentro e fuori da Palazzo Chigi, mentre il debito dello Stato saliva e mentre lui, i suoi alleati e molti altri, per strana coincidenza, si arricchivano.
Ma la ricchezza, il potere e le ballerine sono state anche la sua rovina, perché ormai privo di freni inibitori invece di pensare ai gravi problemi del paese pensava solo a come rendere più interessanti quegli allegri festini serali in villa (una delle tante che ha) ai quali non voleva rinunciare mai e che qualcuno, ispirandosi alle danze esotiche, ha scherzosamente chiamato “Bunga-Bunga” senza pensare che avrebbe presto conquistato notorietà globale (purtroppo molto negativa per il cavaliere e per l’Italia) e quindi anche tutta una serie di rovesci (dimissioni, divorzio, condanna e servizi sociali) che sembravano aver messo definitivamente la parola fine alla sua brillantissima carriera.
A salvarlo dall’oblio è arrivato però, miracolosamente, dalle terre un tempo dominate dai Medici, un giovanissimo e arrembante politico etichettato di “sinistra” ma ricco di idee, determinazione e, soprattutto, di egocentrico pragmatismo riformatore. Ha avuto tutte le fortune quel “bamboccione”, salito al potere con la velocità del fulmine profittando anche delle disgrazie accadute in successione a lui, il suo vero maestro, che veniva presto abbandonato anche dai suoi “fedelissimi”.
Ma adesso il vento è di nuovo girato, ora la sfortuna cade proprio sulla testa dell’altro, rovescio dopo rovescio. E’ venuto perciò il momento della riscossa. Gli anni passano, ma non la voglia di vincere e lui, il cavaliere, sa come fare. Come? Con la solita tecnica dei “miracoli della democrazia” (vedi sopra).
Certo, riuscire a mettere insieme un partito già squinternato come oggi è Forza Italia con quello della Padania allargata allo stivale, con quello dei rimasugli tricolori rimasti fedeli ai fasti del suolo patrio e… alla misteriosa “quarta gamba” ancora da scoprire, non è impresa da poco, anzi è proprio un miracolo, ma per il cavalier Brancalusconi (l’Unto che diventa Bisunto) è cosa possibilissima, questi giochi di prestigio per mezzo di una politica telecomandata sono la sua specialità.
Per trasfondere fiducia al “suo popolo” spara già percentuali di adesione da fantascienza, ma il suo potere ipnotico è notoriamente di grande efficacia e, unito a qualche promessa di facile presa sugli elettori meno preparati al canto delle sirene, può funzionare ancora.
Mettere nel sacco quell’arrogante toscano già finito nella polvere, sarà gioco da ragazzi, ma anche su quel pretenzioso neofita messo alla guida di invisibili truppe pentastellate non sarà impossibile, dopo che si entrerà nell’ultimo mese e verrà circondato e soverchiato dai veterani delle sue falangi mediatiche.