In un giorno depositati al Viminale 55 contrassegni: da W la Fisica a echi di Prima Repubblica (Pli, Dc, Pri). Strampalati, improbabili, comici: dal Movimento delle Mamme ai nazisti (veri). Ma non avranno le firme
Manca un po’ di rosso, anzi di rossore: un pelino di senso del pudore avrebbe fatto partire il conto alla rovescia ufficiale verso le elezioni politiche con una dose di fiducia nel futuro. Invece no: mentre il panorama politico ha già i suoi problemi con i partiti maggiori, c’è chi ha fatto di tutto per metterci il carico. Nemmeno la pioggia è riuscita a fermare l’orda verso il ministero dell’Interno, una coda di delegati di partiti mai sentiti, improbabili, fumettistici, familiari, forse rionali, personali proprio nel senso di una persona, comici al limite dell’affronto perché poi – va bene che “la politica fa schifo” – ma le elezioni sarebbero una cosa seria. C’è, per esempio, l’Unital che suona come un sindacato autonomo di ferrotranvieri e invece significa nientemeno che “Unione tricolore America Latina“. C’è il movimento che ha il nome di un concerto benefit, Italia nel Cuore, quello che sembra un titolo di Moccia (“10 volte meglio”) e quello che sembra un libro di Carlo Conti (“Siamo”). La brutta notizia è che per presentare il simbolo (con programma, dichiarazione di apparentamento e capo politico) ci sarà tempo fino a domenica. Di sicuro è assegnati il premio troll, di diritto alla Margherita che, pure in liquidazione, dopo le polemiche durate giorni, fa valere tutti i suoi petali.
Al momento sono stati depositati 55 contrassegni. C’è un limite a tutto: non tutti finiranno sulla scheda elettorale. La selezione è all’ingresso, il dress code rigidissimo: ce la faranno in pochissimi. La regola dice che tutti i gruppi rappresentati in Parlamento – anche quelli sconosciuti ai più, come Democrazia Solidale di Lorenzo Dellai o Noi con l’Italia di Lupi e Saverio Romano – sono esentati dalla raccolta firme. E infatti, tolti i partitoni, PiùEuropa di Emma Bonino ha risolto trovando ospitalità in Centro Democratico di Bruno Tabacci, mentre Energie per l’Italia di Stefano Parisi si appoggia ai Civici e Innovatori, cioè i reduci che una vita fa furono eletti con Monti. Tutte le altre liste, invece, devono raccogliere le firme, almeno 375 per collegio plurinominale in meno di un mese (scadenza 29 gennaio), in più ogni lista deve presentarsi in almeno due terzi dei collegi e le firme devono essere certificate da autenticatori.
Quindi assomiglia a un biglietto giocato al Superenalotto l’iniziativa di “W la fisica“, chiamata come una scritta in autogrill apposta per attirare l’attenzione. Chi l’avrebbe detto che dietro c’è un progetto – presentato da un prof universitario di Ingegneria neanche quarantenne, Mattia Butta, cattedra a Praga – che punta a intercettare i cervelli in fuga tra gli expat d’Europa con una piattaforma ultra-scientista che piacerebbe a Burioni. Punta tutto sul nome ad effetto l’M.T.N.P.P. (non è dato sapere se è uno scherzo). I vertici del Movimento hanno capito che così potevano apparire poco trasparenti e allora hanno chiarito nella didascalia del contrassegno che per esteso il nome è “Mov. Tecn. Naz. Pop. Pace“. Per l’elettorato nostalgico – nostalgico nostalgico – c’è l’opzione Sacro romano impero cattolico, che è il partito più vecchio a depositare il proprio – peraltro barocchissimo – simbolo al Viminale. Vecchio non perché si rifà a Carlo Magno, ma perché – dice il sito sul quale chi vuole può iscriversi – è stato fondato nel 1987. Successore di Carlo Magno è Mirella Cece, già nota, racconta Vice in un vecchio articolo, per essere ogni volta la prima a presentare lo stemma. Questa volta, però, ha vinto il Maie, cioè il Movimento Associativo Italiani all’Estero che – sorpresa – sulla scheda delle circoscrizioni all’estero ci sarà di certo perché era già in Parlamento con il suo leader (argentino) Ricardo Antonio Merlo. Tra le iniziative recenti del Maie si ricorda la candidatura di Davide Vannoni (quello di Stamina) come capolista alle Europee. Sempre agli italiani oltreoceano si rivolge – non nella lingua madre – Free flights to Italy, il cui programma è evidentemente la continuità territoriale, come se si trattasse di Nuoro.
Un paziente funzionario del ministero, racconta l’Ansa, armato di scaletta e calamite ha allineato per tutto il giorno i contrassegni in maggioranza strampalati su una bacheca. In questo clima da Giochi senza frontiere il logo della Sinistra Rivoluzionaria è finito al fianco delle Destre Unite. Un clima tale che non poteva non infilarsi Gabriele Paolini, quello che Paolo Frajese prese a calci in realtà non risolutivi. Anche il disturbatore voleva presentare un proprio simbolo, ma era solo un foglio di carta su cui aveva fatto un disegno e quindi – almeno questo – non è stato ammesso.
E’ anche il giorno del debutto della Lega senza “Nord“. Roberto Calderoli passa accanto ai federalisti duri e puri di Grande Nord, dell’ex leghista espulso Marco Reguzzoni: “Siamo quelli veri, non la Lega” assicurano. Illusi: uno più leghista si trova sempre, per esempio la Liga Veneta che espone il suo leone di San Marco. Insieme, la lista alleata del Pd che unisce i Verdi di Angelo Bonelli e i socialisti di Riccardo Nencini, cala il tris perché presenta anche i simboli con la traduzione per le minoranze linguistiche di Alto Adige e Venezia Giulia. Presente Potere al Popolo, la lista di sinistra-sinistra, unica con CasaPound chiamata sul serio alla grande sfida delle firme. Si fanno vedere i Forconi con il sottotitolo “La voce del popolo” (i soliti esagerati), manca invece il generale Pappalardo che di solito quando c’è un po’ di canaio non si fa desiderare.
Ce n’è per tutti i gusti, per tutte le categorie, per tutte le classi. Non sfigurerebbe una lista dei parrucchieri mancini o una lega dei filosofi del Sannio. Per il momento bastino il Mmm, cioè il Movimento mamme nel mondo (Sos Tata al posto del Capitale), gli orfani dell’articolo 18 di “Recupero maltolto“, il “Popolo delle Partite Iva“, i “Cristiani per la crescita felice” che forse un giorno faranno pace con gli atei per la crescita felice, il “Partito Valore Umano” e il Movimento Italia nel Cuore che – gratta gratta – si scopre che ha soprattutto l’Europa sulle scatole. L’Italia Moderata è l’ultimo a comparire tanto con un nome così è come il grigio e va bene su tutto. Non demorde Mario Adinolfi che da incallito giocatore d’azzardo lancia Il popolo della famiglia e a quel punto come va, va.
Totalizza almeno cent’anni di ritardo l’Unione imprenditori e lavoratori socialisti che nel simbolo ha un garofano, le catene spezzate, una figura femminile a occhi chiusi (niente spighe di grano né incudini). L’Italia di Mameli pensa in grande: l’obiettivo è far rientrare i giovani in patria. Il leader risorgimentale è Andrea Natale che però manda a depositare il logo il padre Giovanni. Stringiamoci a coorte, parenti d’Italia: Mameli era “un giovane che è morto per la patria mentre noi abbiamo perso l’amore per l’Italia”. C’è un Sms, che sta per Stato moderno solidale, e c’è Ragione e libertà, che detto così non sarebbe nemmeno malaccio. Le Buone Maniere – sì, si chiama così un partito – sfidano apertamente Catherine Deneuve e nel logo scrivono anche “Dispositivi anti-molestie” che fa più corso di difesa al palazzo della Provincia che soggetto politico popolare di massa. Corre un brividino, subito prima di una risata, per la presenza dell’Nsab-Mlns che sembra un codice fiscale ma è solo il Movimento NazionalSocialista dei Lavoratori. Nsab sta per la traduzione in tedesco che cambia solo di una parola il nome di quella roba smaltita tanto tempo fa.
La sinistra non manca mai di esibire il suo shake shake shake di sigle: a sinistra di Liberi e Uguali ci saranno – oltre al Potere al Popolo – anche Partito Comunista di Marco Rizzo e la Sinistra rivoluzionaria. Ma a destra non scherzano: Italia agli Italiani (alleanza Forza Nuova–Fiamma Tricolore), Msi, Destre Unite. In occasioni come queste è sempre il momento di tirare giù dalla soffitta i vecchi arnesi come il Partito Liberale Italiano. Riappare anche lo scudo crociato: “Siamo la Democrazia Cristiana storica, mai sciolta – dice il delegato – Non è il partito di Cesa, non c’entra niente con Pizza: lui non ha diritto sul simbolo”. Vai a capirci qualcosa dopo 26 anni di risse (cristiane e democratiche). Denis Verdini invece sta pensando seriamente di far correre la sua Ala con l’edera del Partito Repubblicano, la forza politica con cui iniziò la sua carriera politica mai interrotta in trent’anni. Gli resta solo da capire se il Pd lascerà o no un posticino in coalizione. I Pensionati ci sono e non sorprende con tutto il tempo che devono riempire. Piuttosto è evidente che un piano serissimo per l’occupazione dovrebbe stare nei programmi di tutti: manca il lavoro e la gente non sa come passare le giornate.
Aggiornato alle 13 del 22 gennaio 2018:
-Per un errore dovuto anche alla decriptazione delle decine di sigle, in un primo momento il Popolo delle Partite Iva è stato definito partito e quindi era stato aggiunto l’aggettivo cacofonico. Con la correzione sacrosanta in “Popolo”, perde la cacofonia che peraltro resta evidentemente prerogativa distribuita in modo proporzionale all’interamassa di simbolicchi presentati.
-Riceviamo e pubblichiamo una segnalazione dal Movimento rete liberale, inizialmente citato in una parentesi del pezzo e ora eliminato come richiesto.
“Il movimento Rete Liberale www.reteliberale.it viene chiamato in causa come lista civetta del PLI: non siamo affatto una lista civetta, da anni lavoriamo sul territorio presentando liste (con relativa raccolta firme) come alle regionali 2010 e 2013 nel Lazio in cui il PLI non riuscì a presentarsi”.
-Riceviamo un’altra richiesta di rettifica da parte di uno studio legale incaricato dalla lista Sms, che per un refuso (e non in senso denigratorio) abbiamo denominato “Stato mobilitazione solidale” e non “Stato moderno solidale”. Ce ne scusiamo con gli interessati e con i lettori.