Mai visti due zoppi correre assieme e restare in piedi. Con il conferimento di Anas in Ferrovie dello Stato, è avvenuta la fusione tra due colossi pubblici monopolisti del settore dei trasporti ferroviari e stradali e ciò dovrebbe portare al miracolo. Gli azionisti, i Ministeri dell’Economia e delle Infrastrutture, rincorrono obiettivi di gigantismo aziendale che appaiono strabilianti, lontani più dalle priorità che entrambe le società pubbliche dovrebbero avere.

In primis l’aumento della qualità e dei volumi di passeggeri del pessimo trasporto ferroviario pendolari per le FS. Altra finalità è l’incremento della manutenzione delle strade e il rifacimento dei ponti costruiti 50 anni fa che ora stanno marcendo. Sembrerebbero gli obiettivi prioritari da indicare in un Paese concreto. L’assetto gestionale ed organizzativo che il governo ha predisposto con la fusione di FS con Anas non sembra idoneo a migliorare la spesa pubblica e ad aumentare l’efficienza dei due colossi che insieme dovrebbero gestire 44mila km di rete, 81mila dipendenti e 108 miliardi di investimenti in 10 anniRidicoli gli obiettivi strategici indicati con la fusione di Anas-FS, come la pianificazione integrata delle infrastrutture. Motiva così l’ad di FS: “Abbiamo la nuova stazione dell’Alta velocità ad Afragola e vediamo scorrere a 200 metri la superstrada Anas ma non c’è alcun raccordo o bretella che colleghi le due infrastrutture”.

E’ evidente che è mancata la pianificazione da parte del ministero delle Infrastrutture e Trasporti: il Ministero doveva e dovrà coordinare, approvare e vigilare sui progetti di FS-Anas, non il contrario. Si dovranno coordinare da sole FS e Anas? Allora il ministero delle Infrastrutture cosa ci sta a fare? Nei Paesi comunitari il disegno unitario dei trasporti viene indicato dai vari governi alle aziende pubbliche e private. Vengono indicate integrazioni operative nella gestione e nella manutenzione che porterebbero a minori spese. Perché allora due aziende inefficienti dovrebbero creare economie di scala e di scopo senza prima essere guarite dai loro mali endemici?

Il rischio invece è quello che più le dimensioni dell’impresa pubblica aumentano più si dilatano i costi e le inefficienze. L’obiettivo delle “strade elettrificate” e dell’innovazione tecnologica, che si dice di voler conseguire, non necessita del matrimonio, ma della volontà esplicita del programmatore pubblico (il Ministero delle Infrastrutture) e delle risorse necessarie (il Ministero dell’Economia, se ci sono). Quanto ai progetti infrastrutturali da sviluppare all’estero, essi servono a giustificare il gigantismo imprenditoriale pubblico. Gigantismo, che così come è configurato, fa somigliare la nuova azienda ad una IRI dei trasporti e delle infrastrutture.

Le esigenze trasportistiche e di mobilità del Pese, anziché essere dettate dal ministero dei Trasporti, verranno “suggerite” dalla neonata grande azienda pubblica. Saprà rimanere al riparo dalle pressioni delle lobby? Aspettiamoci che Graziano Delrio trasformi il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti in Ministero delle Partecipazioni statali dei Trasporti e delle reti. Già oggi le due aziende sono garantite e al riparo dalla concorrenza, domani lo saranno ancora di più. La commistione tra politica e impresa aumenterà con questo tuffo nel passato. Spostare anche Anas fuori dal perimetro della Pubblica Amministrazione significa spostare i debiti fuori dalla contabilità dello Stato. La pessima situazione finanziaria della società autostradale, contenziosi di 9 miliardi con aziende e fornitori, è uno dei motivi veri della fusione. C’è anche quello di ridurre il controllo pubblico su aziende che hanno volumi di spesa enormi. Gestione degli appalti, costruttori, fornitori, manager nominati dalla politica sembrano più un motore di consenso che un motore dell’economia.

Un settore strategico come la mobilità di merci e persone squilibrato sulla gomma con conseguenti effetti negativi su ambiente e territorio, con questo matrimonio, non si avvicina di certo alla soluzione dei problemi dei trasporti nazionali.

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