Con una prosopopea che gli è tipica Alessandro Sallusti bolla come “razza di ignoranti”, oltre che di ipocrisia, coloro che hanno osato criticare le parole di Attilio Fontana, per il quale la razza bianca è a rischio. Al di là del fare sogghignare e sfregare le mani Adolf Hitler nella tomba, ciò che colpisce è il tono perentorio e ducesco con cui afferma «Tutte le “razze”, quindi, pari sono anche per la legge, e questo è pacifico, ma esistono.» Forse lo ha fatto per celebrare l’ottantesimo anniversario della stesura del Manifesto della razza, il cui punto 1 affermava proprio: “Le razze esistono”.
Con buona pace dei tanti genetisti che hanno dimostrato, con tanto di esperimenti e ricerche, come non sia possibile classificare gli umani in razze, la scienza, come diceva Einstein, può spezzare l’atomo, ma non scalfire un pregiudizio. Il fatto che l’88% del patrimonio genetico dell’umanità sia comune a tutti noi, non fa battere neppure un sopracciglio al nostro. Ignoranti sono coloro che non ci vogliono credere.
Si attacca, Sallusti, alla evidente diversità umana e come smentirlo! Il problema è che quella diversità non divide i “bianchi” dai “neri”, ma anche i biondi dai castani, quelli alti da quelli bassi, che però sono tutti bianchi. Come la mettiamo allora? Che la distinzione funziona solo quando ci fa comodo? Per guadagnare qualche voto in più. Sarebbe bello che per quest’ultimo fine si proponesse qualcosa di meglio, non una pessima idea, riciclata peraltro dalla spazzatura del secolo scorso, che milioni di morti ha causato.
Per concludere, Sallusti si rifà alla lingua italiana che prevede la parola razza e cita il Devoto-Oli dove si legge: «Razza: gruppo di individui di una specie contraddistinti da comuni caratteri esteriori ed ereditari». Leggiamola bene questa definizione, seppure contestabile: parla di esseri umani? Parla di individui della stessa specie, e nessuno nega che in molte specie animali esistano individui di razze differenti, per selezione naturale o artificiale (vedi cani e gatti). Quando ai caratteri ereditari, sarebbe bene sapere che ciascuno di noi è erede di centinaia di migliaia di anni scambi genetici e quindi talmente meticciato (per non dire imbastardito) quanto basta.
Sarebbe bello rileggersi il bellissimo dialogo di due personaggi di Gabriel Garcia Marquez in Dell’amore e di altri démoni :«Alla mia età, e con tanto di quel sangue mescolato, non so più con sicurezza di dove sono» disse Delaura, «Né chi sono». «Nessuno lo sa in questi regni» disse Abrenuncio, «E credo che ci vorranno secoli per saperlo».
P.S. La lingua italiana prevede anche le parole: unicorno, befana, elfo e anfisabena, ma non per questo esistono.