Dal divieto di importazione dei rifiuti dal resto del mondo al primato di produzione di energia solare sul pianeta. Energie pulite, politiche e tecnologie per l’ambiente hanno contribuito nel 2017 alla crescita del 6,9% del Pil cinese. Per la prima volta dopo sette anni un forte segnale di ripresa, secondo gli analisti, dovuto soprattutto agli investimenti in questi settori. Già da un paio di anni la Cina sta cambiando rotta in fatto di ambiente, come dimostra il recente lancio del mercato del carbonio, un sistema di scambio delle emissioni di CO2 che al momento riguarderà solo il settore dell’energia elettrica. E tanto basta per superare in valore quello dell’Unione europea. Così il presidente Xi Jinping cerca di conciliare la domanda di energia che dipende ancora in modo massiccio dal carbone con la richiesta dell’opinione pubblica sempre più attenta e critica verso l’inquinamento dell’aria. Tanto che la nuova classe media cinese sta lasciando le megalopoli per raggiungere (e stravolgere) luoghi incontaminati. Insomma un equilibrio difficile da raggiungere e per nulla agevolato da episodi come il disastro ambientale causato il 14 gennaio scorso dall’affondamento della petroliera Sanchi. Eppure sono diverse le azioni intraprese negli ultimi due anni da Pechino.
IL CONTROLLO DELLE EMISSIONI DI CARBONIO – A dicembre la Cina ha svelato il suo piano per dar vita al più grande mercato nazionale delle emissioni di carbonio del mondo. Un impegno preso già nel 2015. A ogni impresa verrà assegnata una quota di emissioni. Chi produrrà CO2 in eccesso, potrà comprare quote dalle aziende che avranno inquinato meno del consentito. Ogni utility potrà quindi decidere se pagare per il carbonio emesso in più o modificare le proprie attività in modo da ridurre la CO2 generata. In una prima fase il mercato coinvolgerà 1.700 imprese elettriche, che complessivamente producono oltre 3 miliardi di tonnellate di CO2 all’anno. Il piano originale coinvolgeva otto settori economici, ma Pechino ha scelto di escludere dal programma le emissioni dell’industria dell’aviazione e di altri settori, come quello chimico e petrolchimico. Non è comunque un piano da poco, considerando che il settore energetico cinese rappresenta il 46% delle emissioni di biossido di carbonio nel Paese. C’è però da aggiungere che finora si registrano pressioni da parte degli industriali per ottenere agevolazioni e quote di emissioni gratuite, cosa che ha fatto calare a picco il prezzo del carbonio. Sarà il tempo a dire se questo piano abbia segnato effettivamente una svolta.
LE POLITICHE PER L’AMBIENTE E L’ENERGIA PULITA – È recente anche il divieto di Pechino all’importazione di rifiuti dal resto del mondo, attraverso la quale finora l’Unione europea esportava in Cina il 60 per cento dei rifiuti di plastica prodotti e il 13% di quelli di carta. Negli ultimi due anni Pechino ha raddoppiato la capacità di produzione di energia fotovoltaica, diventando nel 2016 il Paese che produce più energia solare al mondo. Famoso è diventato uno dei parchi solari più grandi del mondo, il Panda Green Energy Group Limited, una solar farm che raffigura proprio un panda. Una via obbligata, dato che la Cina è il principale produttore di gas serra al mondo, con il 28% delle emissioni. Per questa ragione, a gennaio 2017, ha annunciato che fermerà la costruzione di 104 nuove centrali a carbone e che investirà 361 miliardi di dollari fino al 2020 in fonti di energia rinnovabili, per arrivare a quella data al 15% del mix energetico.
GLI INVESTIMENTI – E si trova sempre in Cina la torre di purificazione più alta al mondo, di 100 metri, che a Xian, nella provincia di Shaanxi, ha contribuito notevolmente a ridurre i livelli di smog. La torre è in fase di sperimentazione. Il progetto è dell’Istituto di Ambiente della Terra dell’Accademia delle Scienze cinese. L’aria viene aspirata da una serie di serre che sono alla base della torre. Il sole riscalda l’aria, che sale lungo la torre nella quale sono installati diversi filtri. Un altro primato: il Dragone è il Paese del mondo dove si sta spendendo di più per gli investimenti in energia pulita. L’Institute for Energy Economics and Financial Analysis (IEEFA), ha calcolato che sono stati spesi 32 miliardi di dollari nel 2016 e 44 miliardi nel 2017. Secondo uno studio pubblicato a luglio scorso sulla rivista Science Advances e realizzato da scienziati cinesi, francesi e americani, entro il 2030 il gigante asiatico tornerà a respirare un’aria simile a quella respirata negli anni ’80, prima del boom economico.