Questo fine settimana cade l’anniversario del giuramento del presidente Donald Trump. Ma non sarà questo l’evento celebrativo. Negli Stati Uniti e nel mondo centinaia di migliaia di attivisti ricorderanno l’anniversario della Marcia delle Donne del gennaio 2017, la più grande manifestazione di dissenso nei confronti del nuovo presidente alla quale parteciparono più di due milioni di donne nel mondo. Quest’anno si marcia non più nelle grandi città, ma dovunque – solo negli Stati Uniti 250 manifestazioni sono state organizzate – segno irrefutabile della crescita delle adesioni al movimento e della delocalizzazione della protesta.
Dal gennaio del 2017, infatti, la Marcia delle Donne si è trasformata in un ombrello politico mondiale, sotto il quale si radunano centinaia di gruppi che condividono una serie di rivendicazioni, dalla lotta contro la discriminazione razziale alla denuncia delle molestie sessuali contro le donne, fino alla difesa della riforma sanitaria del presidente Obama.
La Marcia delle donne è un fenomeno moderno, ce lo dimostra la sua struttura, non rigida ma organica, profondamente diversa dai movimenti del passato. E’ anche un fenomeno che tende ad inglobare al suo interno chiunque voglia condividere non necessariamente tutte ma solo alcune battaglie. Il nemico non è l’altro sesso, al contrario, il nemico è il sistema che costantemente discrimina contro le minoranze, i deboli, i poveri, gli immigrati e così via. La donna è diventata il simbolo della lotta contro le diseguaglianze perché da sempre discriminata.
E’ dunque un errore circoscrivere gli obiettivi di questo movimento straordinario solo alle rivendicazioni femminili ed ai problemi delle donne. In realtà, almeno negli Stati Uniti, la Marcia delle donne sta contribuendo a cambiare il modo in cui la gente comune parla di attivismo politico e si relaziona alla politica. Fino a poco tempo fa, non si parlava di politica o dei politici, poiché si aveva la netta sensazione che non servisse a nulla. La Marcia delle donne ha scosso il paese da questo torpore ed è riuscita a sviluppare la consapevolezza che far sentire la propria voce fa la differenza. Al momento, il movimento ha gli occhi puntati sulle elezioni di medio termine, in cui i democratici sperano di riconquistare la Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti.
Organizzazioni come Black Lives Matter, United We Dream o Our Revolution, nata dalla campagna presidenziale di Bernie Sanders, si stanno dando da fare per assicurare che le minoranze votino alle prossime elezioni. March on, uno dei tanti gruppi che aderiscono al movimento, è concentrato sugli Stati rossi, quelli dove ha vinto Trump, in particolare negli Swing States, gli Stati che oscillano tra la vittoria democratica e quella repubblicana. March on conduce una campagna porta a porta per far registrare i votanti ed assicurarsi che si recheranno alle urne. In questa ottica, oggi a Las Vegas sarà lanciata un’iniziativa nazionale per la registrazione degli elettori chiamata #PowerToThePolls.
La Marcia delle donne ha aiutato le donne a convogliare le loro energie post-elettorali in azioni politiche. La struttura del movimento segue il modello ben sperimentato e di successo del Tea Party, il movimento di destra sorto nel 2009 in opposizione ai salvataggi delle banche e alla revisione dell’assistenza sanitaria, movimento che poi ha aiutato il partito repubblicano a conquistare il controllo del Parlamento nelle elezioni del 2010.
Durante lo scorso anno, molte delle stesse persone che hanno partecipato alle marce delle donne del 2017 hanno organizzato proteste, dibattiti ed incontri nelle cittadine americane per discutere delle politiche dell’amministrazione Trump, dall’abolizione della riforma sanitaria del presidente Obama, Affordable Care Act alla riforma del sistema fiscale.
C’è da sperare che la Marcia delle donne scuota anche il resto dell’Occidente dal torpore della politica, che faccia rinascere la passione per la cosa pubblica senza la quale le nostre democrazie non avranno più senso.