Associazioni di risparmiatori e avvocati chiedevano i sequestri da qualche anno, non fosse altro per il rischio che i beni personali degli ex vertici della Banca Popolare di Vicenza si volatilizzassero. Adesso che la Procura della Repubblica ha ottenuto dal Tribunale i primi congelamenti di beni, titoli e conti correnti di cinque imputati del procedimento che sono nella fase dell’udienza preliminare, si scopre che certe preoccupazioni erano fondate. Gli indagati avrebbero infatti cercato di trasferire le risorse alla moglie o ai figli, in qualche caso a persone di cui si fidano o attraverso conti esteri. Uno di loro stava per acquistare lingotti d’oro, facilmente reperibili a Vicenza che è una della capitali italiane del commercio del metallo prezioso. Se li sarebbe portati via con uno zainetto.
L’ex presidente della Popolare di Vicenza, Gianni Zonin, imprenditore vitivinicolo, è uno dei più bersagliati dai risparmiatori visto che nella banca faceva il bello e il cattivo tempo, anche se ora si dice essere stato all’oscuro delle decisioni operative. Il giudice scrive: “La grande parte del patrimonio dell’imputato è stato ceduto ai familiari nell’arco di un biennio, e tale attività dismissiva (…) concretizza il pericolo che, in caso di futura condanna, l’imputato non disponga delle garanzie sufficienti a coprire il credito vantato dall’erario per le spese di procedimento”. Zonin ha scelto la strada della donazione del patrimonio immobiliare (in due occasioni nel 2016) a favore di un figlio e della moglie. I finanzieri hanno scoperto la cessione alla consorte del 2 per cento di Tenuta Rocca di Montemassi Srl (il restante 98% è già della signora), e ai figli del 5,38 per cento di Casa Vinicola Zonin spa, nonché e delle partecipazioni in due società del gruppo, la Zonin Giovanni sas e la Gianni Zonin Vineyards. Non si tratta di bruscolini, ma di partecipazioni dal valore che si aggira sui 10 milioni di euro. Cosa rimane nella disponibilità dell’ex presidente dell’istituto vicentino? Un terreno a Gambellara, azioni della Popolare con cui al massimo può comperarsi una pizza e qualche quota di società minori.
Anche l’ex direttore generale dell’istituto Samuele Sorato ha ceduto alla moglie la metà di due immobili (ma ha tenuto per sé il diritto d’uso). E’ ugualmente possessore di tre case. Il Nucleo di polizia economico-finanziaria di Vicenza ha però scoperto che nel 2016 ha trasferito titoli per 2 milioni di euro a un mandato fiduciario intestato ai figli minorenni, che ha poi avuto come destinatario finale un intermediario in Svizzera. Un altro milione di euro è stato infine versato, attraverso tracciabilissimi bonifici, alla moglie. Anche l’ex presidente degli Industriali vicentini ed ex componente del consiglio di amministrazione di PopVicenza, Giuseppe Zigliotto, ha giocato d’anticipo nel 2016 quando la proprietà di una villa e alcuni terreni sono stati donati a una persona di sua conoscenza. Anche nel suo caso un punto di riferimento è la moglie, che ha ricevuto in regalo due unità immobiliari a Ravenna. Contemporaneamente 1,3 milioni di euro hanno preso la via della Svizzera, in una banca del Canton Ticino. Nel 2017 ha invece acquistato le quote di una società immobiliare per 600mila euro.
Il più previdente però è stato il quarto indagato, l’ex vicedirettore generale della banca, Andrea Piazzetta. Le sue operazioni sono avvenute addirittura nel 2015 attraverso la donazioni di immobili che si trovano in provincia di Treviso a un trust con sede ad Auckland in Nuova Zelanda, il cui rappresentante legale è Mario Gesuè. Si tratta di un finanziere piuttosto noto che opera a Londra e che tra l’altro gestisce gli affari di calciatori di serie A. Anche qui spunta la moglie, che ha ricevuto tutte le quote di una società di consulenza del marito. Chiude la lista Massimiliano Pellegrini, il dirigente della banca che si occupava dei documenti contabili. Appena un mese fa ha ceduto una partecipazione societaria per circa 700mila euro. I finanzieri sono intervenuti quando hanno scoperto che si era rivolto a un compro oro per acquistare lingotti per un valore di circa 400mila euro. Il ritiro sarebbe avvenuto “con uno zainetto”. Il che faceva pensare all’intenzione di un trasporto immediato all’estero.