L’odierna politica italiana come un’ucronia?
Meno frequentata dell’utopia, l’ucronia è quel genere letterario che pratica una sorta di fantapolitica a ritroso, incentrata su un tempo che non c’è. Nel nostro caso con effetti palesemente indesiderabili. Un po’ quanto ci racconterebbe la vicenda di questa campagna elettorale in avvio, se i fatti non fossero assolutamente veri: la corsa a ritroso di buoni vent’anni del confronto politico. Come se il periodo fosse stato azzerato e i protagonisti si ritrovassero a rivivere i canovacci pregressi.
Tutto ruota, ancora una volta, attorno alla sempiterna figura di Silvio Berlusconi, il Rieccolo più Rieccolo della nostra storia repubblicana. Anche se a ricordarci che non siamo immersi in un fantasy, bensì nel perdurante incubo, ci sono le tracce indelebili sul corpo dell’ex Cavaliere, che le reiterate operazioni mummificanti non sono riuscite a cancellare (il collo da tartaruga secolare, la dentiera che balla nel sorriso plastificato, la moquette sul capino a simulare una chioma fluente che non c’è mai stata neppure in passato). Soprattutto, la devastazione della capacità di memorizzare il collaudato repertorio di promesse, che produce ricorrenti vacazioni mnemoniche nello snocciolamento di una sceneggiatura immutabile fin dalla prima discesa in campo. D’altro canto anche una fiction così irreale trova un suo accreditamento stupefacente, in quanto realtà reale, dal consenso che questi balbettii imbonitori raccolgono nell’audience di fedelissimi, che se li bevono beatamente. Forse in quanto coetanei del mattatore pataccaro ottantenne, e come tali vittime di una metabolizzazione patologica del repertorio di promesse mendaci che questi hanno accreditato senza tentennamenti o dubbi per un lungo tratto della propria esistenza; fino a contrarre una sorta di inguaribile scivolamento credulone nel sogno. L’alcolismo mentale derivato dall’essersi bevuti dosi da cavallo di prese berlusconiane per i fondelli. A conferma che questo è soprattutto un Paese per vecchi.
Di certo il ritorno al passato più sconvolgente, ma non il solo. A partire dalle devastazioni dell’età sulla psiche rinsecchita di Eugenio Scalfari, che si confonde al punto da non riuscire più a celare la sua vera natura di reazionario oligarchico e un po’ fascista, per arrivare al precoce invecchiamento di Matteo Renzi, che vive ormai nel ricordo nostalgico del numero magico 40% e si rimpinza di ribollita blairiana di vent’anni fa. E non sono i soli, cui il tempo fa brutti scherzi: Pietro Grasso, che vorrebbe uscire da sinistra dalla propria biografia di magistrato-zeppa che servì per far deragliare la candidatura di Gian Carlo Caselli alla procura nazionale antimafia; oggi alla testa di sopravvissuti a mille naufragi, che cercano soltanto uno strapuntino nel calduccio di Montecitorio. E dall’altro lato? Anche qui continua il remake del trasformismo, con i Salvini e le Meloni a rifare le Gianna Preda e i Giorgio Pisanò dell’italico truculento de “il Borghese”. E le new entries tipo l’andreottiana Giulia Bongiorno, che trova singolari affinità “di concretezza” tra il Divo Giulio e il segretario della Lega in cui si candida, ripropongono a destra l’imbarco di quegli “indipendenti” che facevano da foglia di fico a sinistra. Qualcuno li chiamò utili idioti.
C’è la possibilità di rompere l’incantesimo e riportare le lancette della nostra storia al presente? Da dubitarne. Anche perché Luigi Di Maio, nonostante la giovane età sottolineata dalla cronica cuperose, sembra affascinato anche lui dalla deriva ucronica e si traveste da doroteo, con effetti che si intuiscono deludenti. Ma forse è proprio quello che vogliono i suoi grandi manovratori, rivisitazione in chiave 2.0 dello stereotipo dell’eminenza grigia (o – per Grillo – variopinta). Dunque lavorare per NON andare al governo, se ciò che conta davvero è solo una cospicua rappresentanza parlamentare. Politicamente inerte, ma funzionale allo showbiz del garante e al business del “Penombra”, consulente aziendale soft.
Pierfranco Pellizzetti
Saggista
Elezioni Politiche 2018 - 21 Gennaio 2018
Silvio Berlusconi, il Rieccolo, porta in politica un nuovo genere letterario: l’ucronìa
L’odierna politica italiana come un’ucronia?
Meno frequentata dell’utopia, l’ucronia è quel genere letterario che pratica una sorta di fantapolitica a ritroso, incentrata su un tempo che non c’è. Nel nostro caso con effetti palesemente indesiderabili. Un po’ quanto ci racconterebbe la vicenda di questa campagna elettorale in avvio, se i fatti non fossero assolutamente veri: la corsa a ritroso di buoni vent’anni del confronto politico. Come se il periodo fosse stato azzerato e i protagonisti si ritrovassero a rivivere i canovacci pregressi.
Tutto ruota, ancora una volta, attorno alla sempiterna figura di Silvio Berlusconi, il Rieccolo più Rieccolo della nostra storia repubblicana. Anche se a ricordarci che non siamo immersi in un fantasy, bensì nel perdurante incubo, ci sono le tracce indelebili sul corpo dell’ex Cavaliere, che le reiterate operazioni mummificanti non sono riuscite a cancellare (il collo da tartaruga secolare, la dentiera che balla nel sorriso plastificato, la moquette sul capino a simulare una chioma fluente che non c’è mai stata neppure in passato). Soprattutto, la devastazione della capacità di memorizzare il collaudato repertorio di promesse, che produce ricorrenti vacazioni mnemoniche nello snocciolamento di una sceneggiatura immutabile fin dalla prima discesa in campo. D’altro canto anche una fiction così irreale trova un suo accreditamento stupefacente, in quanto realtà reale, dal consenso che questi balbettii imbonitori raccolgono nell’audience di fedelissimi, che se li bevono beatamente. Forse in quanto coetanei del mattatore pataccaro ottantenne, e come tali vittime di una metabolizzazione patologica del repertorio di promesse mendaci che questi hanno accreditato senza tentennamenti o dubbi per un lungo tratto della propria esistenza; fino a contrarre una sorta di inguaribile scivolamento credulone nel sogno. L’alcolismo mentale derivato dall’essersi bevuti dosi da cavallo di prese berlusconiane per i fondelli. A conferma che questo è soprattutto un Paese per vecchi.
Di certo il ritorno al passato più sconvolgente, ma non il solo. A partire dalle devastazioni dell’età sulla psiche rinsecchita di Eugenio Scalfari, che si confonde al punto da non riuscire più a celare la sua vera natura di reazionario oligarchico e un po’ fascista, per arrivare al precoce invecchiamento di Matteo Renzi, che vive ormai nel ricordo nostalgico del numero magico 40% e si rimpinza di ribollita blairiana di vent’anni fa. E non sono i soli, cui il tempo fa brutti scherzi: Pietro Grasso, che vorrebbe uscire da sinistra dalla propria biografia di magistrato-zeppa che servì per far deragliare la candidatura di Gian Carlo Caselli alla procura nazionale antimafia; oggi alla testa di sopravvissuti a mille naufragi, che cercano soltanto uno strapuntino nel calduccio di Montecitorio. E dall’altro lato? Anche qui continua il remake del trasformismo, con i Salvini e le Meloni a rifare le Gianna Preda e i Giorgio Pisanò dell’italico truculento de “il Borghese”. E le new entries tipo l’andreottiana Giulia Bongiorno, che trova singolari affinità “di concretezza” tra il Divo Giulio e il segretario della Lega in cui si candida, ripropongono a destra l’imbarco di quegli “indipendenti” che facevano da foglia di fico a sinistra. Qualcuno li chiamò utili idioti.
C’è la possibilità di rompere l’incantesimo e riportare le lancette della nostra storia al presente? Da dubitarne. Anche perché Luigi Di Maio, nonostante la giovane età sottolineata dalla cronica cuperose, sembra affascinato anche lui dalla deriva ucronica e si traveste da doroteo, con effetti che si intuiscono deludenti. Ma forse è proprio quello che vogliono i suoi grandi manovratori, rivisitazione in chiave 2.0 dello stereotipo dell’eminenza grigia (o – per Grillo – variopinta). Dunque lavorare per NON andare al governo, se ciò che conta davvero è solo una cospicua rappresentanza parlamentare. Politicamente inerte, ma funzionale allo showbiz del garante e al business del “Penombra”, consulente aziendale soft.
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La Paz, 17 feb. (Adnkronos/Afp) - Almeno 30 persone sono morte a causa di un incidente che ha coinvolto un autobus passeggeri, precipitato in un burrone profondo 800 metri nella città di Yocalla, nel sud della Bolivia. Lo ha riferito la polizia locale.
Tel Aviv, 17 feb. (Adnkronos) - Secondo quanto riportato dall'emittente statale israeliana Kan, citando diverse fonti, il capo dello Shin Bet, Ronen Bar, non fa più parte del team incaricato delle trattative per la liberazione degli ostaggi. Fonti a conoscenza dei dettagli affermano che Bar potrebbe unirsi a una delegazione in futuro se si svolgeranno i negoziati sulla fase due.
Roma, 17 feb. (Adnkronos) - Prosegue la protesta di Azione alla Camera sul decreto Milleproroghe: il capogruppo Matteo Richetti e la vicecapogruppo Elena Bonetti lasciano i lavori in corso nelle commissioni congiunte Affari Costituzionali e Bilancio. “Dopo il tempo sprecato dal governo nella discussione al Senato alla ricerca di una composizione delle divisioni interne, il testo del decreto è stato trasferito alla Camera solo questa mattina e approderà in Aula nella giornata domani. Alle Commissioni riunite – dichiarano Richetti e Bonetti – non restano che poche ore di esame notturno, una scelta che rende inutile ogni confronto di merito sulle misure contenute nel provvedimento e offende profondamente la funzione parlamentare e la dignità dei deputati membri. Se il governo intende ridurci a figuranti, abbia almeno la decenza di assumersene la responsabilità davanti al Paese. Noi non li aiuteremo”. Azione aveva già espresso nella mattinata la propria contrarietà al ripetuto ricorso alla fiducia, rendendo noto di non aver presentato, per questa ragione, emendamenti al decreto Milleproroghe.
Beirut, 17 feb. (Adnkronos) - Il governo libanese ha annunciato di aver approvato una risoluzione secondo cui soltanto lo Stato potrà possedere armi. La risoluzione chiede di fatto il disarmo di Hezbollah e include l'impegno a rispettare la risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
Roma, 17 feb. (Adnkronos) - Ha ribadito le perplessità sul formato del vertice di Parigi, sull'invio di truppe europee in Ucraina e la necessità di percorrere strade che prevedano il coinvolgimento degli Stati Uniti. Queste le linee, a quanto si apprende, dell'intervento della premier Giorgia Meloni oggi al summit a Parigi convocato da Emmanuel Macron alla presenza del britannico Keir Starmer, del premier olandese, Dick Schoof, del cancelliere tedesco Olaf Scholz, del capo del governo polacco Donald Tusk e del primo ministro spagnolo Pedro Sanchez. All'Eliseo anche il segretario generale della Nato, Mark Rutte e i vertici Ue, Antonio Costa e Ursula von der Leyen.
Meloni, a quanto si apprende, ha sottolineato di aver voluto essere presente per non rinunciare a portare il punto di vista dell’Italia, ma di avere espresso le sue perplessità riguardo un formato che, a suo giudizio, esclude molti Paesi, a partire da quelle più esposti al rischio di estensione del conflitto, anziché includere, come sarebbe opportuno fare in una fase storica come questa. Anche perché, avrebbe rimarcato la premier, la guerra in Ucraina l’abbiamo pagata tutti.
Per l'Italia le questioni centrali rimangono le garanzie di sicurezza per l’Ucraina, perché senza queste ogni negoziato rischia di fallire. Quindi Meloni avrebbe rimarcato l'utilità di un confronto tra le varie ipotesi in campo, osservando come quella che prevede il dispiegamento di soldati europei in Ucraina appaia come la più complessa e forse la meno efficace. Una strada su cui l'Italia avrebbe mostrato le sue perplessità al tavolo.
Secondo Meloni, a quanto viene riferito, andrebbero esplorate altre strade che prevedano il coinvolgimento anche degli Stati Uniti, perché è nel contesto euro-atlantico che si fonda la sicurezza europea e americana. La premier avrebbe definito una sferzata sul ruolo dell'Europa quella lanciata dall'amministrazione Usa ma ricordando che prima di questa analoghe considerazioni sono state già state fatte da importanti personalità europee. È una sfida, avrebbe quindi sottolineato, per essere più concreti e concentrarsi sulle cose davvero importanti, come la necessità di difendere la nostra sicurezza a 360 gradi, i nostri confini, i nostri cittadini, il nostro sistema produttivo.
Secondo la presidente del Consiglio sono i cittadini europei a chiederlo: non dobbiamo chiederci cosa gli americani possono fare per noi, ma cosa noi dobbiamo fare per noi stessi.
Meloni avrebbe quindi rimarcato come il formato del summit all'Eliseo non vada considerato come un formato anti-Trump. Tutt’altro. Gli Stati Uniti lavorano a giungere ad una pace in Ucraina e noi dobbiamo fare la nostra parte, la sollecitazione della premier italiana. Meloni infine, sempre a quanto si apprende, avrebbe manifestato condivisione per il senso della parole del Vice Presidente degli Stati Uniti Vance, ricordando di aver espresso concetti simili in precedenza. Ancora prima di garantire la sicurezza in Europa, avrebbe sottolineato Meloni, è necessario sapere che cosa stiamo difendendo.
Parigi, 17 feb. (Adnkronos/Afp) - "La Russia minaccia tutta l'Europa". Lo ha detto la premier danese Mette Frederiksen dopo i colloqui di emergenza a Parigi sul cambiamento di politica degli Stati Uniti sulla guerra in Ucraina.
La guerra in Ucraina riguarda i "sogni imperialisti di Mosca, di costruire una Russia più forte e più grande, e non credo che si fermeranno in Ucraina", ha detto ai giornalisti, mettendo in guardia gli Stati Uniti dai tentativi di concordare un cessate il fuoco "rapido" che darebbe alla Russia la possibilità di "mobilitarsi di nuovo, attaccare l'Ucraina o un altro paese in Europa".
Parigi, 17 feb. (Adnkronos) - "Oggi a Parigi abbiamo ribadito che l'Ucraina merita la pace attraverso la forza. Una pace rispettosa della sua indipendenza, sovranità, integrità territoriale, con forti garanzie di sicurezza. L'Europa si fa carico della sua intera quota di assistenza militare all'Ucraina. Allo stesso tempo abbiamo bisogno di un rafforzamento della difesa in Europa". Lo ha scritto su X la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen.