A poco più di un mese dalle urne, i partiti italiani ritrovano un’ideale unità tirando fuori dal cassetto pressoché all’unisono la tanto vecchia quanto mai nata Procura nazionale per i reati finanziari. La proposta di istituzione di un pool specializzato sulla falsariga dell’antimafia è infatti il filo rosso che lega, con i debiti distinguo, le riflessioni di Pd, Forza Italia e M5S depositate in Commissione Banche. Un’idea che in teoria dovrebbe convogliare un vasto consenso se si pensa che tra gli ultimi a proporla, la scorsa estate, ci sono stati i civatiani di Possibile. Quanto agli elettori, non va dimenticata la proposta che alle ultime politiche Confconsumatori aveva sottoposto a tutti i candidati premier ricevendo i riscontri più positivi. A parole, però, visto che nei fatti cinque anni dopo nulla è cambiato. Tanto che si è arrivati alla Commissione Banche.
E, al di là della comunione d’intenti su ciò che riguarda la magistratura, le declinazioni del pensiero dei partiti sui mali del sistema bancario spaziano su più punti. Per un Partito Democratico colpito al cuore dai guai del credito, per esempio, è imprescindibile la necessità di una riforma della vigilanza per finalità. “Al di là di ogni valutazione di merito sui comportamenti degli esponenti delle autorità di vigilanza, il lavoro fatto da questa commissione evidenzia come gli attuali meccanismi non rappresentino il massimo dell’efficienza, tanto che gli scambi informativi tra Banca d’Italia e Consob, che pure ci sono stati, non sono stati in grado di produrre gli effetti auspicati per la effettiva tutela del risparmio”, si legge nel documento del Pd. Che ritiene “necessaria una riforma ispirata al modello per finalità o twin peaks, con l’obiettivo di produrre una maggiore cooperazione, rispetto al modello ibrido attuale che favorisce le incomprensioni”.
Il Pd ne approfitta poi per proporre una normativa più estesa e incisiva per contrastare il fenomeno delle porte girevoli fra pubblico e privato e la definizione di benchmark realistici e non arbitrariamente bassi per il valore delle sofferenze bancarie. “Attualmente già esistono delle norme che prevedono per i dirigenti o i componenti dei consigli delle autorità di vigilanza un periodo d’incompatibilità prima di poter accettare incarichi di qualsiasi tipo presso imprese vigilate – si legge ancora -. È in ogni caso auspicabile tali norme vengano estese anche ai funzionari e agli impiegati delle stesse autorità, e che venga affrontato il problema del rapporto tra il mercato privato e le amministrazioni pubbliche, perché il conflitto d’interesse non è un tema limitabile, solamente, alla vigilanza bancaria. Riguarda per esempio il lavoro della magistratura, della guarda di finanza, delle varie autorità e agenzie in campo tributario e così via”. Quindi la chiusura del cerchio dove si sottolinea come “il contrasto ai reati finanziari richiede un personale inquirente dotato di competenze specifiche e sofisticate, così come giudici dotati di una particolare preparazione in materia. Di conseguenza non si può che andare verso la costituzione di sezioni specializzate a livello delle procure e dei tribunali distrettuali, verificando anche la possibilità di un coordinamento presso una procura Nazionale”.
Analogamente il Movimento 5 Stelle, che arriva perfino a ipotizzare la nazionalizzazione di Banca d’Italia e Borsa Italiana, mette il dito nella piaga delle porte girevoli e chiede di istituire, nell’ambito dell’ordinamento giudiziario, una procura speciale del settore bancario e finanziario, ma anche di predisporre un codice di procedura ad hoc. E addirittura di istituire, nell’ambito di una modifica del codice di procedura civile ovvero del codice di procedura predisposto ad hoc per la procura speciale del settore bancario e finanziario, una class action che fornisca chiare ed accessibili modalità procedurali ai cittadini che vogliano unirsi in un gruppo omogeneo nei confronti di una banca che li abbia danneggiati. I pentastellati, quindi, chiedono di istituire presso ogni singola autorità di vigilanza un fondo ad hoc a cui gli esponenti degli organi di amministrazione e controllo dei soggetti vigilati dovranno versare annualmente almeno il 30 per cento dei propri compensi a titolo di garanzia per eventuali azioni di responsabilità, per ogni altro genere di risarcimento danni derivante da violazioni di carattere normativo o regolamentare ovvero per il versamento degli importi dovuti a seguito dell’applicazione di eventuali sanzioni amministrative.
Non solo. I 5 Stelle vorrebbero anche che si prevedesse la possibilità per lo Stato di intervenire direttamente nella risoluzione delle crisi bancarie (mediante la nazionalizzazione) e di gestire i non performing loans “in house” senza una svalutazione e cessione in blocco ai vulture funds. E pure di valutare l’istituzione di una Commissione parlamentare ad hoc alla quale le singole autorità di vigilanza possano relazionare l’andamento dell’esercizio delle proprie funzioni istituzionali. Per altro con l’abolizione del segreto di ufficio tra le autorità di vigilanza e la pubblica amministrazione, gli enti pubblici e gli organi giurisdizionali. Anche perché, chiedono ancora, sarebbe auspicabile di rendere pubblico ogni genere di incontro o relazione istituzionale da parte delle autorità di vigilanza con i soggetti vigilati e non. Secondo i 5 Stelle inoltre sarebbe opportuno varare una normativa che vieti la stipula di contratti derivati da parte degli enti pubblici. Per lo Stato, in alternativa al divieto totale di sottoscrizione degli strumenti finanziari derivati, si propone un potenziamento degli uffici del ministero dell’Economia e delle finanze relativi al debito pubblico ed ai connessi rischi.
Sei, invece, i punti fissati da Forza Italia che “incorporano e contengono anche le indicazioni arrivate dai gruppi di Fratelli d’Italia e della Federazione della libertà”. In cima alla lista che trova molte analogie tra le proposte degli altri schieramenti, c’è l’istituzione di una Commissione parlamentare di vigilanza sul sistema bancario e finanziario; istituzione di una Procura nazionale per i reati economico-finanziari; istituzione di un’Agenzia di rating europea; la separazione delle banche commerciali dalle banche d’affari (o speculative); prevenzione di conflitti di interesse e del meccanismo delle “porte girevoli” e introduzione di uno “statuto speciale” per gli specialisti in titoli di Stato e potenziamento dello staff del Tesoro.
Con la presentazione delle proposte dei gruppi parlamentari, i lavori del presidente Pier Ferdinando Casini sono arrivati oramai in dirittura d’arrivo. Una volta passate al vaglio le diverse analisi e richieste spetta infatti a Casini mettere a punto la relazione conclusiva che sarà presentata il 26 nella riunione dell’ufficio di presidenza. In quell’occasione si prenderà in esame il polso della situazione e se si capirà che il consenso è ampio o unanime il presidente convocherà l’intera commissione che a sua volta dovrà votare la relazione e ad essa apporre degli allegati proposti dai differenti gruppi. L’idea è quella di arrivare così a un voto in tempi rapidi, possibilmente entro il mese di gennaio per evitare un confronto a ridosso delle elezioni.