Il cardinale Gualtiero Bassetti parla a nome dei vescovi italiani in vista delle politiche nelle quali, sottolinea, la Chiesa "non stringe accordi" ma invita tutti gli attori della scena politica a concentrarsi nella "creazione di lavoro" e a "combattere la precarietà". E aggiunge: "Bisogna reagire a una cultura della paura che non può mai tramutarsi in xenofobia". Il senatore della Lega: "Non facciano politica". Salvini chiede "un incontro formale per spiegare le nostre posizioni"
“Immorale” lanciare promesse “che già si sa di non riuscire a mantenere”. E necessario “reagire a una cultura della paura”, che non può “mai tramutarsi in xenofobia o addirittura evocare discorsi sulla razza” che si credeva “sepolti definitvamente”. Il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, parla a nome dei vescovi italiani in vista delle elezioni politiche nelle quali, sottolinea, la Chiesa “non stringe accordi” ma invita tutti gli attori della scena politica a concentrarsi nella “creazione di lavoro” e a “combattere la precarietà” pensando innanzutto ai giovani: “Lavorare tutti, lavorare meglio”, ribadisce il numero uno della Conferenza episcopale italiana. Un intervento a tutto campo, che prende però le mosse dalle politiche sui migranti e quella che Bassetti chiama la “cultura della paura”.
“Bisogna reagire a una cultura della paura che, seppur in taluni casi comprensibile, non può mai tramutarsi in xenofobia o addirittura evocare discorsi sulla razza che pensavamo fossero sepolti definitivamente”, dice Bassetti nella prolusione del Consiglio permanente della Cei. Un chiaro riferimento alle parole di Attilio Fontana, il candidato governatore della Lombardia della Lega, che qualche giorno fa aveva parlato di “razza bianca a rischio”. E infatti i primi a replicare alle parole Bassetti sono proprio gli esponenti del Carroccio. “Ho già detto e ripetuto più volte in queste ultime settimane che la Cei non dovrebbe fare politica e tenersi fuori dal dibattito. Ma visto che i nostri vescovi, con il loro capo, il cardinal Bassetti, continuano ad invocare l’accoglienza degli immigrati, nonostante si tratti di migranti economici e non di rifugiati come dimostra le percentuale minima di domanda accolte, mi faccio una domanda: perché intanto non cominciano ad accoglierli loro, nello Stato del Vaticano, iniziando loro a dare il buon esempio?”, dice Roberto Calderoli. Più morbido il leader della Lega, Matteo Salvini, che ha detto di “non vedere come un attacco” al suo partito le parole del presidente della Cei, al quale ha anzi chiesto “un incontro formale per spiegare le reali posizioni della Lega”.
Ma quale era il ragionamento per esteso di Bassetti? “Non è chiudendo che si migliora la situazione del Paese – aveva detto il numero uno dei vescovi – Avere dubbi e timori non è un peccato, come ha affermato Papa Francesco nella Giornata del migrante. Tuttavia, ha aggiunto che il peccato è lasciare che queste paure determinino le nostre risposte”. In particolare, poi, il presidente della Cei ricorda che “quest’anno ci ricorda una pagina buia della storia del nostro Paese: le leggi razziali del 1938. In quell’occasione, in un clima di pavida indifferenza collettiva, Pio XI ebbe il coraggio di affermare che l’antisemitismo è inammissibile”.
Tornando al tema delle migrazioni internazionali, che definisce “complesso e cruciale”, Bassetti lamenta che “la discussione pubblica è troppo spesso influenzata da equivoci, incomprensioni e contese politiche“. I poveri, tutti i poveri, “anche quelli forestieri di cui non sappiamo nulla”, scandisce Bassetti per sgombare il campo da ogni dubbio, dice letteralmente, “appartengono alla Chiesa per ‘diritto evangelico’ e in virtù di questo diritto, non certo in nome di una rivendicazione sociale, ogni cristiano è chiamato ad andare verso di loro con un atteggiamento di comprensione e compassione”.
Poi l’invito a un avvicinamneto al voto nel segno della “sobrietà”, sia nelle parole che nei comportamenti: “La campagna elettorale sta rendendo serrato il dibattito, ma non si può comunque scordare quanto rimanga immorale lanciare promesse che già si sa di non riuscire a mantenere – avverte – Altrettanto immorale è speculare sulle paure della gente: al riguardo, bisogna essere coscienti che quando si soffia sul fuoco le scintille possono volare lontano e infiammare la casa comune, la casa di tutti”.
La Chiesa, aggiunge Bassetti, “non è un partito e non stringe accordi con alcun soggetto politico” perché “come ha detto Papa Francesco ‘dialogare non è negoziare'”. Negoziare, infatti, spiega, “consiste soltanto nel cercare di ricavare la propria ‘fetta’ della torta comune” ma “non è questo, ovviamente, ciò che intendiamo”. “Come vescovi ci uniamo innanzitutto all’appello del Capo dello Stato a superare ogni motivo di sfiducia e di disaffezione per partecipare alle urne con senso di responsabilità nei confronti della comunità nazionale”, ragiona Bassetti.
Poi focalizza il suo discorso sul tema del lavoro: “Creare lavoro, combattere la precarietà, rendere compatibile il tempo di lavoro con il tempo del riposo”. Questi obiettivi “impellenti”, sono riassunti dallo slogan “lavorare meglio, lavorare tutti”. Bisogna infatti “ricostruire la speranza, ricucire il Paese, pacificare la società. Tre verbi, tre azioni pastorali, tre sfide concrete per il futuro” perché “il nostro Paese sembra segnato da un clima di ‘rancore sociale’, alimentato da una complessa congiuntura economica, da una diffusa precarietà lavorativa e dall’emergere di paure collettive“.