"E' un grande onore per me essere a Gerusalemme capitale di Israele", ha detto il vice presidente Usa al parlamento israeliano, interrotto dalle proteste dei deputati arabo-israeliani non appena ha cominciato a parlare. Le sue parole sono "regalo agli estremisti nella regione", è stato il commento del segretario dell’Olp Saeb Erekat. Al Fatah proclama lo sciopero di uffici pubblici e ministeri
“E’ un grande onore per me essere a Gerusalemme capitale di Israele“. E’ stato un discorso a senso unico, studiato per ribadire il rapporto speciale tra gli Stati Uniti e lo Stato ebraico, quello che Mike Pence ha pronunciato alla Knesset, il parlamento israeliano. Il vicepresidente Usa ha ribadito la convinzione con la quale l’amministrazione Trump ha riconosciuto Gerusalemme capitale di Israele e ha affermato che “l’ambasciata Usa aprirà” nella città santa “entro la fine dell’anno prossimo”. Una decisione con la quale “Donald Trump ha fatto la storia“, ha detto Pence, che è stato interrotto dalle proteste dei deputati arabo-israeliani non appena ha cominciato a parlare. I membri della Lista Araba Unita aveva promesso che avrebbe boicottato il discorso in segno di protesta contro la decisione del 6 dicembre.
E’ stato un discorso pieno di riferimenti biblici, quello del vicepresidente Usa. “Oggi, mentre mi trovo nella terra promessa di Abramo, credo che quanti amano la libertà e auspicano un futuro migliore” debbano volgersi verso Israele e “provare meraviglia per quanto vedono”, ha detto Pence, un ex cattolico convertito alla fede evangelica, sottolineando lo stretto rapporto di valori e di fede con l’America. “E’ stata la fede a ricostruire le rovine di Gerusalemme e a fortificarle nuovamente”, ha detto Pence, che ha invitato a “pregare per Gerusalemme” e pronunciato davanti ai deputati la benedizione ebraica della “shehechiyanu“. “Lavoreremo e ci batteremo per un futuro più luminoso dove chiunque chiami casa questa antica terra possa sedersi sotto l’albero di fico e la vigna e nessuno possa fargli paura”, ha detto ancora il vice presidente.
Pence si è detto fiero del fatto che gli Stati Uniti siano stati il primo Paese a riconoscere Israele. Trump “ha corretto un errore antico di 70 anni“. “Sono qui per portare un forte messaggio dal cuore del popolo americano: il popolo americano è schierato con Israele. La vostra causa è la nostra causa, i nostri valori sono i vostri valori. Siamo schierati con Israele perché crediamo nel bene e nel male, nella libertà sopra la tirannia”, ha detto ancora il vicepresidente, facendo poi un parallelo fra la storia del popolo ebraico e quella degli Stati Uniti. “E’ la storia di un esodo, un viaggio dalla persecuzione alla libertà“, ha affermato, ricordando come i padri pellegrini che per primi arrivarono in America si rivolgessero “alla saggezza della Bibbia ebraica”.
Inevitabile un cenno alla questione del nucleare iraniano e un attacco diretto a Teheran: “L’accordo (patrocinato da Barack Obama nel 2015, ndr) è un disastro e gli Usa non certificheranno più questa intesa mal concepita”, ha affermato Pence, spiegando che gli Usa impediranno a Teheran di avere armi nucleari e che, come ha detto Trump, si “ritireranno dall’accordo immediatamente. Qualunque sia l’esito di quei negoziati oggi”.
Il discorso “messianico” di Pence alla Knesset “servirà come regalo agli estremisti nella regione”, è stato il commento del segretario dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina Saeb Erekat. Un intervento – ha aggiunto – che prova come “l’amministrazione Usa sia parte del problema più che la sua soluzione. Il suo messaggio al resto del mondo è chiaro: violate la legge internazionale e le risoluzioni, e gli Usa vi compenseranno”.
Mentre Pence parlava al parlamento, centinaia di palestinesi hanno inscenato a Nablus, in Cisgiordania, una accesa manifestazione di protesta: “Gerusalemme – hanno scandito – è il cuore e l’anima dei palestinesi”. Per domani – quando il vicepresidente degli Stati Uniti visiterà la Città Vecchia di Gerusalemme – i palestinesi hanno proclamato uno sciopero di protesta contro la politica della amministrazione Trump.
“Abbiamo fatto appello alle masse – ha detto Muafaq Sihweel, segretario di al-Fatah in Cisgiordania – di aderire allo sciopero, e ci siamo coordinati con le altre fazioni nazionali palestinesi. Protestiamo contro un vicepresidente degli Usa che è ancora più sionista degli stessi ebrei”. Sihweel ha anticipato che domani gli uffici pubblici e i ministeri resteranno chiusi. Quando Pence si presenterà al Muro del Pianto dimostrazioni avranno luogo – secondo l’esponente di al-Fatah – vicino ai posti di blocco dell’esercito israeliano ed in diverse città della Cisgiordania.