Bentornati a Ten Talking Points, l’unica rubrica che dedica le vie a Giorgio Gaber. Altre considerazioni.

1. La vittoria del Napoli a Bergamo pesa come Adinolfi. Era uno snodo dirimente e il Che Gue Sarri, non senza patimenti proletari, ha alfine spezzato le reni alla Dea. Mertens è tornato al gol, mentre Francesco Modugno non è ancora tornato al giornalismo. Sia in ogni caso Lode.

2. La Juve è così forte (in Italia) da vincere come sempre prima di scendere in campo. I tre punti di stasera col Genoa sono certi come la mestizia del simbolo petaloso della Lorenzin.

3. Non ho capito bene cosa sia successo alla Roma. Ho sempre scritto che non avrebbe mai vinto lo scudetto e che fosse al massimo da terzo posto, ma qui si esagera. Due mesi fa fiammeggiava, ora si comporta come una società in saldo. Emerson Palmieri, Dzeko, forse pure Nainggolan, Amendola e Maurizio Battista: stanno vendendo tutti. E il gioco ne risente: la ripresa di ieri con l’Inter è stata brutta parecchio e senza i miracoli di Alisson ciao core.

4. Tanto era stata fortunata all’andata con la Roma, quanto ieri è stata a lungo in debito con la sorte. Parlo delle milizie di Pucci, a cui il pareggio di Vecino sta pure stretto. L’1-1 toglie due punti a una diretta rivale, ma non cambia molto in casa nerazzurra. Anche considerando le 678 reti di Rafinha (tutte di tacco e canticchiando Luci a San Siro unplugged), l’Inter è staccata dalle prime due mentre Lazio e Roma mordono. Le romane recupereranno mercoledì i loro incontri con Udinese e Samp: qualora la Beneamata ricevesse l’onta del quinto posto, il trauma sarebbe tale che Lerner potrebbe pure tornare a essere di sinistra.

5. La Lazio genera una bellezza tale che, quando tutto è in sintonia, mi sembra quasi di risentire Richard Wright mentre danza sul Farfisa di Shine On You Crazy Diamond. Milinkovic-Savic è intriso di una sicumera illuminata, Lukaku volteggia a dispetto di un fisico da wrestler e persino Nani pare ambire a una rinascita estetica. C’è, nell’orchestra di Simone Inzaghi, un che costante di ridondante e bellissimo. Meritano la Champions League: daje ragazzi.

6. Prima vittoria in rimonta per il Milan. La squadra si comporta come una pianta simbionte: si adatta a chi la coltiva. Ovvero Gattuso, che ogni partita perde la voce. Gli voglio bene: non guastarti la salute, Gennaro. La squadra, se non altro, ora ha grinta e tigna. Apprezzabile il tentativo di recuperare Calhanoglu. Bene Kessie, male Donnarumma. Biglia è ancora al trotto triste. Kalinic non segna più, ma ieri ha procurato i due gol. Ultima mezzora solitamente ansiogena. Ora il Milan è settimo. E sembra quasi una conquista.

7. Ieri Suso era più scazzato di Cacciari in collegamento da Formigli.

8. Oddo paga un’Udinese depotenziata dalle cessioni. Vince Donadoni, piange De Zerbi. Frigna anche Mazzarri, ma lui lo fa per attitudine esistenziale e a prescindere dai risultati. Quagliarella a valanga, Viola anonima come un album dei Genesis senza Gabriel. Il Cagliari si sta facendo risucchiare nella zona calda. Crotone devastante, per il Verona si (ri)mette male.

9. L’Italia non ha ancora un nuovo allenatore. Non ha ancora un nuovo presidente FIGC. Non ha ancora un nuovo Premier. Non ha niente di niente. Siamo un paese alla deriva e senza bussole morali. Tutto è dolore e martirio, come del resto ebbe già a insegnarci San Sebastiano. Non resta che affidarsi all’unico in grado di condurci alla salvezza: Nardella. Uno che ha salvato la Carmen dal femminicidio, non ha paura di niente. Neanche di se stesso.

10. Daniele Adani è bravissimo. Pure troppo. Ieri è entrato in depressione perché non si ricordava bene a chi segnò Martin Palermo quando fece un gol di testa da 40 metri (era Boca Juniors-Velez del 2009). Adani è di un enciclopedico che rasenta quasi il nerd. Secondo me parla sempre di calcio. Ma proprio sempre. Me lo immagino, a cena con Uma Thurman, mentre lei gli prende la mano e lo guarda con aria lasciva. E lui, abbassando la testa: “Sai, questo tuo gesto mi ricorda quando Bonucci nell’amichevole col Ciggiano, agosto 2005, strattonò un avversario e lo fece cadere sulla trequarti”. E a quel punto la Thurman, continuando a sorridere, sguaina la spada di Hattori Hanzo. E fa una strage.

A lunedì.

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