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1994: "Flat tax al 30% e solo 10 tasse" - 2/8

Nel 1994 voleva una flat tax al 30% e "solo 10 tasse". Nel 1999 ha ripiegato su "due aliquote Irpef", impegno ribadito nel Contratto con gli italiani. Vinte le elezioni ha rinviato tutto: "Non ho la bacchetta magica". Poi il ddl sull'Irpef è stato varato, ma i decreti attuativi non sono mai arrivati. Nel 2004 ha dato la colpa agli alleati. Nel 2008 ha puntato su abolizione di Ici e bolli, introduzione del quoziente familiare, azzeramento dell'imposta sulle attività produttive. Nel 2011 lo showdown: "Messe le mani nelle tasche degli italiani, il cuore gronda sangue"
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1994: “Flat tax al 30% e solo 10 tasse”

“Andare verso una sola aliquota Irpef non superiore al 30%“, ridurre le aliquote Iva a due e “le attuali 200 tasse a non più di 10″. Febbraio 1994, La neonata Forza Italia presenta il suo programma elettorale in 45 punti e sul fronte fiscale le idee sono chiarissime: meno tasse per tutti. Il Polo delle libertà vince le elezioni e in primavera il patron di Fininvest Silvio Berlusconi forma il suo primo governo. Antonio Martino, che l’ex Cavaliere identifica come l’ispiratore della flat tax, finisce però al ministero degli Esteri, mentre all’Economia approda Giulio Tremonti. Dell’aliquota unica si perdono le tracce. “Gli alleati non ci consentirono di realizzarla”, spiegherà ex post Berlusconi. Il quale, varando la sua prima finanziaria, si limita a rivendicare: ”Non ci saranno nuove imposte, tasse o aumenti di aliquote”. Del resto il grosso delle maggiori entrate è atteso dal “concordato di massa“, monstrum che comprende un maxi condono edilizio e una sanatoria fiscale su imposte dirette e Iva per il periodo 1989-1993. Nel dicembre 1994 arrivano le dimissioni, dopo l’invito a comparire notificato all’allora premier durante il G7 di Napoli e il passaggio della Lega all’opposizione in polemica con la riforma delle pensioni proposta dall’esecutivo.

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