“Se io lavoro e lo stato mi chiede il 33% è una richiesta corretta. Se mi chiede il 50 e passa mi sento moralmente autorizzato ad evadere per quanto posso”. 17 febbraio 2004: il presidente del Consiglio Berlusconi, in conferenza stampa a Palazzo Chigi, giustifica l’evasione fiscale. Il 22 aprile 2005 verrà chiesto il suo rinvio a giudizio nel processo Mediaset sulla compravendita dei diritti tv, che si concluderà nel 2013 con una condanna definitiva a 4 anni di reclusione per frode fiscale. Di lì, per effetto della legge Severino, la sua decadenza da senatore e l’incandidabilità. In autunno all’Economia torna Tremonti e il taglio dell’Irap previsto dalle bozze messe a punto dal predecessore Domenico Siniscalco salta. In compenso ci sono “aiuti alle famiglie”, vedi un bonus bebè da 1000 euro per i nati nel 2005 (no, non l’ha inventato Renzi) e sconti fiscali per le ristrutturazioni immobiliari (grande classico, sempre prorogati). L’Irpef viene ribattezzata Ire e sulla carta si prevedono le famose due aliquote, ma i decreti attuativi non verranno mai varati e nel maggio 2005 la delega scadrà. Il 21 settembre Berlusconi si era sfogato: ”Sono rimasto l’unico a volere il taglio all’Irpef sui redditi personali. Sembra strano visto che è una misura essenziale per la ripresa dei consumi, degli investimenti, della fiducia”.

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