Al Corriere della Sera il dirigente scolastico ha raccontato come ha vissuto la vicenda, dalla lettura del compito alla convocazione della madre, fino all'uscita della notizia sui media e al suicidio del padre, che ha dovuto comunicare alla figlia quando era in classe
“Non era un compito casuale“. Quella traccia, “Scrivi una lettera a tua madre confessandole ciò che non hai il coraggio di dirle”, che ha dato la forza alla 14enne di Cassino per raccontare le violenze sessuali subite dal padre, era stata assegnata dall’insegnante di italiano che aveva intercettato nella classe “una situazione di disagio“. A parlare è il preside della scuola, intervistato dal Corriere della Sera, che racconta come ha vissuto la vicenda, dalla convocazione della madre dopo aver letto il tema, fino all’uscita della notizia sui media – “doveva proprio esserre scritta sui giornali?” – e al suicidio del padre di lunedì mattina, che ha dovuto comunicare alla figlia quando era in classe.
La giovane ha visto in quel tema l’occasione per denunciare che era stata “stuprata da papà”, in una situazione in cui la madre le diceva, come emerso dall’ordinanza del Gip, di “non rimanere mai da sola con il padre”, e la sorella maggiore aveva subito “un episodio analogo“, senza mai denunciare. “C’erano anche altre tracce disponibili – ha spiegato il preside – quella di confessare alla madre un episodio mai raccontato prima è stata una scelta della ragazza. Evidentemente aveva qualcosa da dire”.
Quando ha letto il tema della sua studentessa il dirigente scolastico non ha esitato un attimo. Ha convocato la madre per verificare il contesto familiare: “Lei mi ha raccontato che il marito aveva avuto atteggiamenti simili in passato nei confronti di un’altra ragazza, e allora ho creduto che la storia fosse reale, una questione di sensazioni percepite. E sono andato in commissariato”, ha spiegato al Corriere. “Il mio è stato l’atto dovuto di un dirigente della pubblica amministrazione – ha aggiunto – che ha il dovere e l’obbligo di avvisare le autorità davanti a un reato. Nulla di eccezionale”.
Il preside se la prende per come è stata poi gestita la vicenda, soprattutto pensando alla tutela della 14enne. “Quella che è una notizia generica a livello nazionale ha riscontri pesantissimi a livello locale. E anche i dettagli insignificanti contribuiscono a identificare subito i protagonisti di una storia”, ha affermato. “La vittima è stata sovraesposta – è il suo pensiero – In casi analoghi il problema si risolve trasferendosi anche di 50 chilometri, ma lei dove può andare? E tutto il paese ne parla“.
Il dirigente scolastico ha raccontato al Corriere della Sera anche che la ragazza ha appreso del suicidio del padre “in classe. Gliel’abbiamo detto noi”. Spiega che “è una brava studentessa con un ottimo profitto. Adesso non sappiamo se e quando tornerà”. Nell’ultimo mese la scuola era riuscita “ad assicurarle normalità, anche perché non è uscita una virgola di questa storia. Ora pensiamo a farla assistere dal nostro servizio di appoggio psicologico”.
Il giorno dopo che la vicenda è diventata nota il padre della 14enne si è suicidato. Viveva a casa dal fratello, dopo che per lui il gip Salvatore Scalera aveva stabilito la misura del braccialetto elettronico, con l’obbligo di mantenere una distanza di almeno 1000 metri in caso di incontro occasionale con moglie e figli. “La notizia degli abusi sessuali sulla studentessa doveva proprio uscire sui giornali? E non c’era un modo per proteggere il padre?”, si chiede il preside. “Forse il magistrato avrebbe fatto bene ad adottare un provvedimento restrittivo, in carcere o ai domiciliari, in attesa dell’incidente probatorio – conclude – Non mi spiego perché l’abbiano lasciato fuori”.