Speriamo che qualcuno prima o poi si renda conto delle qualità cabarettistiche del segretario del Pd e gli offra la giusta carriera nel mondo dello spettacolo.
Questa volta Matteo Renzi si è accorto che esistono i poveri e – ohibò – ha espresso la sorpresa di questa rivelazione in un tweet: “La #FlatTax non è sostenibile economicamente ma soprattutto è una scelta ingiusta: si taglia ai poveri per dare ai ricchi. Robin Hood al contrario, insomma”.
La #FlatTax non è sostenibile economicamente ma soprattutto è una scelta ingiusta: si taglia ai poveri per dare ai ricchi. Robin Hood al contrario, insomma. Qui spiego il perché. Mi dite che ne pensate? pic.twitter.com/6g13S5r7Tl
— Matteo Renzi (@matteorenzi) 21 gennaio 2018
Come avrebbe detto un tempo un personaggio di Altan, anche io vorrei sapere chi è il mandante di tutte le ca**ate che esprime MR in pensieri, parole, opere e omissioni.
Colui che ha firmato la legge sul Jobs Act precarizzando una generazione e cancellando decenni di conquiste del lavoro; colui che ha preso per i fondelli i lavoratori della Fiat, dell’Alitalia e chissà di quante altre imprese che non conosciamo promettendo loro esponenziali fortune; colui che ha ispirato e voluto i decreti salvabanche, definiti dal sindaco di Vicenza ‘pietra tombale per i risparmiatori’; ebbene quest’uomo si sente ora il Robin Hood in grado di criticare la deprecabile ideona di Berlusconi sulla flat tax definendola una tassa a favore dei ricchi.
Ma va?! Ma è questo il medesimo personaggio che con Berlusconi strinse il patto del Nazareno? E’ questo il medesimo politico che anela alle larghe intese con la parte politica più opposta alla sua distruggendo il proprio partito, pur di sbarrare il passo ad un movimento di liberi cittadini?
L’aspetto grottesco e a tratti deprimente di questa esternazione neopauperista del perdente recidivo è che essa è stata concepita nel giorno in cui la ong Oxfam, in occasione del vertice di Davos, presentava ai grandi della terra il suo rapporto sulle disuguaglianze. Un rapporto devastante: nel 2017 il Pil mondiale è salito, cioè a livello globale c’è stato un forte incremento della ricchezza prodotta ma, guarda un po’, questa ricchezza non è stata distribuita come avrebbe fatto il vero Robin Hood.
Nemmeno un centesimo, infatti, è finito alla metà più povera del pianeta, 3,7 miliardi di persone. L’1% più ricco della popolazione mondiale continua a possedere quanto tutto il restante 99%.
Il titolo del report dovrebbe venire inciso a fuoco nei tweet di Matteo Renzi: “Ricompensare il lavoro, non la ricchezza”. Il suo governo e quello, sempre suo ma per interposta persona, hanno fatto negli ultimi tre anni, esattamente il contrario. Infatti, anche in Italia la ricchezza è sempre più concentrata. A metà 2017 il 20% più ricco degli italiani deteneva oltre il 66% della ricchezza nazionale.
Nel 2016, nel pieno dell’attività del nostro Renzin Hood, l’Italia occupava la ventesima posizione su 28 paesi Ue per disuguaglianze di reddito. E, indovinate: è il lavoro a non rendere più. Secondo il rapporto Oxfam i salari non sono aumentati quanto la produttività e il valore del lavoro è costantemente diminuito.
La buonanima Adriano Olivetti sosteneva che fosse immorale per un amministratore delegato guadagnare oltre dieci volte l’ammontare del salario minimo di un suo operaio. Oggi, anche grazie ai benefici regalati da Renzin Hood ai ‘padroni delle ferriere’ questo divario è schizzato ad oltre 500 volte in più (Company Salary Index di Job Pricing).
Proprio per questo, tra le proposte di Oxfam, c’è anche quella (più volte anche da me auspicata proprio su questo blog) di porre un tetto ai vergognosi stipendi dei top manager per impedire che il divario superi il rapporto di 20 a 1. Sarà un caso, ma nessuna delle forze politiche che stanno per contendersi il Parlamento si esprime su questo scandalo sociale.
A parlare, dopo Renzin Hood, solo lo Sceriffo di Nottigham del mondo, cioè Christine Lagarde, Direttore del Fondo Monetario Internazionale. ‘Il Pil del mondo aumenta’, ha trionfalmente annunciato a Davos. Anche per l’Italia, nel 2018, è previsto un incremento dell’1,4%, ‘purché non si mettano in discussione le riforme’. Insomma, il Jobs Act va nella direzione giusta. Per loro.