"Sono nato nel 1979, non so dove sia e cosa sia Auschwitz", ha risposto il titolare Alessandro Bertolucci. Il Comune di Rimini: "Tolga quel cartello immediatamente". Anpi: "Oltre alla bugia leggiamo la provocazione"
Sul portone d’ingresso della sua officina a Rimini ha scritto una frase: “Arbeit macht frei” ovvero “Il lavoro rende liberi”. Ma più che per la traduzione, la frase è nota perché era il motto dei campi di concentramento nazisti che tuttora sovrasta l’ingresso di Auschwitz, dove furono sterminati 6 milioni di ebrei. Il cartello è stato appeso come un’insegna dal proprietario dell’officina romagnola, Alessandro Bertuccioli, che però al Corriere di Bologna spiega di non conoscere il significato di quelle parole. “Io del nazismo non so nulla, sono nato nel 1979 e non ho una minima idea di cosa sia stato. Quel cartello è affisso da un mese e mezzo. Io rispetto tutti, neri e bianchi, non sono razzista. Non conosco quella storia, non so dove sia e cosa sia Auschwitz. Quella frase mi piace per il suo significato, ‘Il lavoro rende liberi’. Penso sia vero”.
Anche l’amministrazione comunale e l’Anpi cittadino sono intervenuti sulla vicenda, poco prima della Giornata della memoria del 27 gennaio, indetta per commemorare le vittime della Shoah. Il Comune di Rimini, città medaglia d’oro per la Resistenza, ha annunciato di “valutare azioni in sede civile, a fronte del danno d’immagine che quel cartello arreca. Alessandro -si legge in una nota pubblicata sul sito del Comune – deve togliere quel cartello dalla sua officina, immediatamente, ma non perché ci sia una legge che lo impone o perché nasce una protesta”, ma “come atto consapevole di avere sbagliato, gravemente, nel non riflettere sulla responsabilità che ognuno ha nell’usare le parole”. E, conclude l’amministrazione, è “una disinvoltura imbarazzante e penosa la sua ignoranza in merito alla storia e ‘all’uso’ di quella scritta in tutti i campi di concentramento nazisti e ad Auschwitz”.
E anche l’Anpi di Rimini vuole “che quella scritta sia rimossa“. “Ci si chiede come sia possibile che una persona nata nel 1979 non abbia mai visto un film, una foto con didascalia, uno spunto sulla tragedia della Shoah” e che quella scritta “non gli sia mai stata associata alla tragedia”. Ignoranza? “Un sempliciotto non avrebbe appeso nella sua attività un cartello con quella frase in tedesco”, in quel gesto “oltre alla bugia leggiamo la provocazione“. E “se tenere tra le mani un testo gli costasse troppa fatica, potrebbe andare su youtube e ascoltare una delle tante testimonianze dei sopravvissuti nei campi di concentramento”.